Rileggendo la nostra storia

Pubblicato il 31-10-2012

di Rosanna Tabasso

Il nostro Esodo... La chiave è Gesù, l'incontro fondamentale della mia vita, il senso di tutto, sempre.

di Rosanna Tabasso

 

In questi giorni (ndr ottobre 2012) abbiamo riletto il libro dell’Esodo guidati da Bruno Baioli della Pro Civitate Christiana e da Mons. Lucio Sembrano. Rilettura che mi ha aiutato a recuperare il senso della storia della salvezza che attraversa le nostre vite, le nostre comunità, la Chiesa e che scorre parallela alla storia degli uomini. Mi ha richiamato la nostra Regola che inizia proprio così: “Rileggendo la nostra storia”. Di tanto in tanto bisogna davvero fermarsi e rileggere quanto abbiamo vissuto, come hanno fatto gli Ebrei, ripercorrendo a posteriori il loro Esodo: l’uscita dall’Egitto verso la terra dei padri, il passaggio da una vita come schiavi alla dignità di popolo a servizio di Dio attraverso quarant’anni di deserto.

C’è un esodo nella vita di ognuno di noi e nella vita di ogni comunità. Inizia con il travaglio della ricerca, le domande, il senso dell’inadeguatezza di ciò che si sta vivendo. Prosegue con la speranza che qualcosa di diverso è possibile, spazi nuovi, orizzonti vasti tracciati dal Vangelo e percorsi da intere generazioni di credenti in Dio prima di noi. Culmina con il salto della fede quando Dio diventa il “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, il Dio di Mosè e finalmente il mio Dio, un Tu per me. 

Da questo incontro ha inizio una storia nuova, di comunità e di persone che credono nell’agire di Dio che continua qui ed ora. Il salto della fede in una comunità è un nuovo inizio, è una nuova pagina della storia della salvezza, è la consapevolezza che il Regno di Dio che avanza ha raggiunto anche noi. 

L’esodo prosegue un sì dopo l’altro, una tappa dopo l’altra, mai approdi definitivi. 

Quando nel 1996 Ernesto scrive la Regola, rilegge la storia del Sermig: “Cerco la chiave del nostro cammino, delle nostre attività, della nostra fedeltà di questi anni. Non è difficile. La chiave è Gesù, l’incontro fondamentale della mia vita, il senso di tutto, sempre”. E con questa chiave va indietro negli anni, ripercorre il lungo deserto di tentazioni e atti di fede, di tradimenti e di consolazioni, di errori e di intuizioni, di cadute e di riprese… ma sempre attaccati a Dio, sempre insieme e sempre nella Chiesa. E dunque, sempre disponibili a ripartire nel Vangelo. 

Attraverso la dura vita quotidiana abbiamo sperimentato la pedagogia con cui Dio educa i suoi amici: liberi di scegliere il bene o il male, liberi di sbagliare per poi essere ripresi, liberi di camminare con le nostre gambe per sperimentare che senza di Lui non possiamo portare il frutto per cui siamo stati pensati. Abbiamo capito che Dio ci lascia camminare nella libertà ma non ci lascia mai soli. Quante volte abbiamo gridato a Lui il dubbio, l’angoscia di essere soli con progetti più grandi di noi, proprio come leggiamo nel libro dell’Esodo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es.17,7), ma abbiamo anche sperimentato la sua Presenza e abbiamo imparato a riconoscerla, come gli Ebrei riconoscevano la nube della Presenza di Dio che seguiva i loro spostamenti dal passaggio del Mar Rosso all’Oreb.

Siamo rimasti sempre “attaccati” a Gesù, alla Sua Parola “mettendo in gioco noi stessi, la nostra intelligenza, i nostri beni materiali e spirituali” e il Signore ha completato la nostra inadeguatezza con la sua Presenza e con i suoi doni, manna e acqua dalla roccia, per formarci ad una vita nuova. 

Soprattutto, in questo cammino ci ha fatto sperimentare che un pugno di persone diverse tra loro per età, condizione sociale, provenienza, stato di vita possono iniziare a sentirsi popolo, porzione di Chiesa nel tratto di storia che sono chiamati a vivere, con la tensione a camminare insieme, a superare le diversità, le lotte interne. La vita nuova del Vangelo - perdonare il nemico, servire il fratello… - è possibile. I progetti di Dio sono sempre fatti per essere vissuti insieme e sono sempre per tanti, per tutti, ma partono da un pugno di persone che rinuncia all’“io” per il “noi”.

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