“Vieni, Signore Gesù”, sotto gli stracci dei poveri

Pubblicato il 22-12-2017

di Redazione Sermig

C'è un modo unico e meraviglioso di incontrarsi quasi «visibilmente» con Gesù: ed è l'amore. Gesù va cercato allora negli stracci di noi uomini, nella sofferenza, nella umiliazione. Lui è «il povero», «il servo». Per questo lo troviamo «nei poveri», «nei servi». Uno di questi giorni che ci accostano al Natale, ho incontrato per caso un uomo. Non importa sapere chi è, come si chiama. Ha una famiglia. Credo che i suoi occhi non abbiano mai incontrato uno sguardo amico. Hanno persino paura ad incrociarsi con i tuoi occhi. Le sue parole non sanno dire altro che «ho fame, io e la mia famiglia». Le necessità gli hanno impedito di dire o persino di conoscere le molte parole che compongono i nostri futili discorsi. La sua stessa voce ha il solito tono di chi deve «chiedere» con vergogna. Non sa cosa sia la modulazione di voce nell'esprimere gioia o compiacimento come lo sa fare la nostra voce. Quest'uomo non parla mai, perché non ha nulla da raccontare. Non ha una vita dignitosa. Per cui le sue parole sono poche, come pochi e sempre uguali sono i fatti della sua vita. D'altra parte nessuno lo ascolterebbe: è un uomo che non interessa.
Non sorride mai. Non ha neanche il motivo per farlo. A chi dovrebbe sorridere? Nessuno gli dà motivo di farlo.

Ha addosso un vestito che è come un insieme di stracci, cuciti a stento e tenuti insieme da poco filo o spago. Il suo vestito ha l'aria di essere un insieme di tutti gli stracci che noi gli buttiamo in faccia come espressione della nostra compassione. Non ha un vestito vero, perché lui i vestiti veri non li può comprare e nessuno vuole condividere i «suoi». D'altra parte cosa dovrebbe coprire questo povero uomo? Un corpo, il suo, sfatto dalla fame e dalle sofferenze? Un corpo, il suo, che pare non lo aiuti ad esprimere la sua dignità di uomo. Lui crede di essere una spazzatura, almeno di fronte a questo nostro mondo che finge di essere ricco. Nessuno lo considera.
È lì ai bordi di un marciapiede. Il marciapiede durante la giornata è la sua casa. Quel giorno anch'io passavo a piedi su quei marciapiedi. Tornavo a casa, riverito da chi incontravo.
Quasi inciampavo in quest'uomo. Mi sono fermato con profonda tristezza e sentivo che la mia sicurezza finiva sui marciapiedi accanto a quel pover'uomo. Gli ho teso la mano e l'ho invitato a venire a casa mia. Lì potevamo parlare meglio, a tu per tu. Stentava a seguirmi per la grande vergogna di seguire un vescovo, e credo per la grande fame che aveva. Quel giorno, come tanti altri, aveva forse ricevuto solo sguardi sprezzanti, o aveva visto gente che passava senza fermarsi.

Ci siamo seduti l'uno di fronte all'altro. L'ho incoraggiato a parlare, e non fu facile. Non si sgela una montagna di diffidenze con un cerino, quale è un incontro occasionale. Ha iniziato con paura, la paura di sempre nell'incontrare chi crede diverso. Poi, vedendo che nessuno lo fermava e qualcuno lo incontrava, ha parlato, parlato, parlato: come volesse riempire i vuoti di parole della sua vita tra gli uomini; da uomo a uomo, da fratello a fratello. Piangeva e sorrideva: ma credo provasse la gioia di un cieco che aprisse per la prima volta gli occhi sul cielo.
Ascoltavo, ascoltavo, ascoltavo, senza il coraggio di interromperlo o di dirgli qualcosa: gli restituivo il suo diritto a parlare ed io mi prendevo la sua parte di silenzio.
La sua storia era la storia di tantissimi che ci passano accanto inosservati, ovunque. La storia della povera gente: con gli stracci sul corpo e una bontà immensa dentro. Lentamente sentivo che lui prendeva dignità, e i suoi stracci me li sentivo addosso io: ma, stranamente, presi con amore, quegli stracci si coloravano di una bellezza incredibile, la bellezza che dà Cristo nella carità. Lui era sempre più felice: quasi aveva cambiato volto: gli avrei dato tutto quello che avevo, e anche quello che non avevo. Non so neppure cosa gli diedi. Quando lo accompagnai alla porta lo abbracciai. E lo ringraziai. Andai in cappella a pregare ed avevo l'impressione che Lui dal tabernacolo mi dicesse: «Ci siamo visti poco fa. Come ti sembro? Cosa ne dici?».

Era talmente grande la gioia di quell'incontro che risposi a Cristo: «Signore, sei meraviglioso!».
Il Vangelo ci fa incontrare Giovanni che rispondeva a chi lo accostava con la domanda «cosa dobbiamo fare?».
Vorrei rispondere a tutti voi che mi leggete con una parola del Vecchio Testamento, «Maranatha» ossia «vieni, Signore Gesù», sotto gli stracci dei poveri. «Sei meraviglioso».

Antonio Riboldi
da NP dicembre 1984

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