La porta è sempre aperta

Pubblicato il 07-04-2015

di andrea

È inevitabile: la parola Arsenale, per chi ha avuto l’occasione di conoscere il Sermig a Torino, ricorda quella grande struttura, di vicoli e padiglioni, sulla cui facciata campeggia la bandiera della Pace e che pullula tutto l’anno di giovani e volontari impegnati in ogni tipo di servizio. Anche a Borghetto c’è un bandiera, ma è appesa alla finestra di una casa bianca, una fra le tante in un comune paese del lodigiano che conta poco più di 5000 abitanti: eppure quella casa è un Arsenale, l’ Arsenale dell’Accoglienza.

Sabato 21 marzo, insieme al gruppo di Bonate, abbiamo conosciuto la Fraternità, la famiglia di famiglie, che vive in quella casa. Tutto è nato dall’amore di Andrea e Giuditta, giovani sposi che, anni fa, dopo il primo figlio, hanno deciso di allargare la loro famiglia, rendendosi disponibili per l’affido di un altro bambino. Quel sì, passo dopo passo,è diventato accoglienza per altri bambini, altre situazioni; è diventato una comunità familiare, nido di vita per camminare insieme, ricostruire, donare. Il Sermig, in questa storia familiare, è entrato da poco, dopo l’incontro di Andrea Menìn con l’Arsenale della Pace di Torino: Andrea e Giuditta hanno quindi scelto di dare alla loro storia lo stile di una Fraternità, che sa accogliere chi non ha casa e non ha famiglia, tenendo sempre la porta aperta, e non solo metaforicamente: la chiave, infatti, è sempre infilata nella toppa, verso la strada, perché chiunque possa entrare , di giorno e di notte. Alla loro famiglia, poi, si sono aggiunte altre coppie di amici, come quella di Andrea e Daniela, che ogni giorno mettono in circolo il loro amore, in una logica di apertura e restituzione, per chi ne ha bisogno.

Così all’Arsenale dell’Accoglienza non ho visto la straordinarietà, ma una splendida ordinarietà, che fallisce ogni giorno, come lo stesso Menin ha ammesso, ma che, ogni giorno , trova la forza di rinascere: è, in fondo, il messaggio della Pasqua, la chiave del vivere semplicemente da cristiani. In quelle poche ore abbiamo imparato tre parole: Dio è amore. E se amore è uno sguardo, una carezza, un abbraccio per una bimba dalla storia travagliata, se amore è un buffo rimprovero o una battuta di spirito, se amore è accettare anche le situazioni più incomprensibili, essere disposti a rinunciare a tutto in nome della fedeltà, sentirsi responsabili di ogni vita che vediamo crescere, allora possiamo davvero trovare Dio.

Quel sabato 21 marzo, prima di ripartire, mi sono voltata verso la sala in cui si era svolto l’incontro, con una certezza tutta da realizzare: la promessa che ciascuno fa a se stesso, di ritorno da Torino, può diventare realtà. Andrea e Giuditta, semplicemente partendo da quello che erano, trovando i loro tempi, modi e motivi (perché ogni Arsenale è diverso dall’altro) , ce l’hanno fatta. Davvero è possibile fare il Sermig a casa nostra.

Aurora Sartori (gruppo di Mori)

 

 

 

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