I bambini della guerra

Pubblicato il 12-08-2022

di Simona Pagani

Alto, biondo, pelle chiara, viso da bimbo, lui è Oleh.
Ha 12 anni ma è già la seconda volta che, a motivo della guerra, è costretto a lasciare tutto e a fuggire. La prima è stata nel 2014 nel Donbass. Per i traumi della guerra una psicologa lo ha seguito e ha ancora tremori alle mani.
La storia oggi si ripete, ma questa volta in modo più drammatico perché tutto è successo all'improvviso. Oltre a casa, amici e scuola, ha dovuto lasciare anche il suo papà.

Il giorno precedente avevano riempito casa di generi alimentari. È stato il missile caduto vicino alla centrale nucleare nella notte, a costringerli, senza pensarci un attimo, a tirar su di corsa la loro vita in due borse e a scappare.
Juri è fratello di Oleh, ha 6 anni, si muove senza far rumore, piange in silenzio e sobbalza a ogni più piccolo rumore. Ha un'espressione dura, uno sguardo severo, ma il pulcino di peluche che porta con sé, e che gli assomiglia, ci dice che lui è solo un cucciolo arrabbiato e impaurito.

Marc ha 9 anni compiuti pochi giorni fa, un'espressione dolce e triste. Quando gli chiedi cosa gli piacerebbe fare, alza le spalle e con un filo di voce e lo sguardo che lo attraversi ti dice: «Niente». È qui con mamma, sorellina, fratello più grande e papà. Con loro anche nonna, zia e la cuginetta Anna. Non si parlavano da anni e ora si ritrovano a vivere in poco più di 40 metri quadri insieme, a far fronte comune a un nemico ben più minaccioso.

Orest è il fratello grande di Marc. Ha 11 anni, corporatura robusta, sguardo altrove: viveva in una comunità per bambini con problemi psichiatrici.
Era seguito da educatori, ora invece è la famiglia che da sola deve farsene carico.
È difficile soprattutto per Marc: è su di lui infatti che Orest riversa l’aggressività che non riesce a contenere.

Da due giorni sono arrivati altri due bambini: Igor, 8 anni e il fratello Vasy, di 12.
Orfani di madre e padre, sono con la nonna che mai avrebbe immaginato di trovarsi sbalzata dalle bombe a 2.642 km di distanza da un giorno all'altro. Igor è sfinito da un viaggio iniziato 10 giorni fa. La testa appoggiata sul tavolo a cercare un punto fermo per abbandonarsi al sonno. Vasy parla inglese e racconta come in Polonia i volontari ti chiedono in quale Paese europeo vuoi andare. Loro hanno scelto l’Italia perché hanno sentito dire che qui la gente è buona e accogliente.
Prima attività pomeridiana: partita a pallone per provare a posare, almeno per un paio d’ore, un fardello troppo pesante per dei bambini, e non solo per loro.


Simona Pagani
NP aprile 2022



«Un paio di occhiali rossi sgargianti en pendant con il cappotto rosso fuoco: questa è Masha, parla sempre anche se tu non la capisci, ma lei ha tanto da dire, ha una vita che esplode dentro.
Poi ci sono dei giorni invece che è tanto stanca, si sente molto debole e non riesce ad alzarsi dal letto, allora sta al telefono e guarda i video e impara l’italiano. Non vede l’ora di impararlo bene così potrà finalmente raccontarci tutte le cose che ha da dire. La mamma è come lei: una bella chiacchierona e in effetti di cose da dire ne ha parecchie.

La sua storia è molto bella e ce l’ha raccontata attraverso Angelica che sta con noi ed è ucraina anche lei. Lei con suo marito hanno avuto un figlio, ma la vita è troppo bella per non condividerla, hanno deciso di adottare dei bambini e non dei bambini qualsiasi ma dei bambini malati. Masha da piccolina ha avuto una malattia che le ha portato via un occhio, adesso il male è tornato, è stata a Kiev per essere curata, adesso stava a Odessa, la città del Carnevale e del sorriso.

Nella città dell’umorismo in questi ultimi tempi non c'è molto da divertirsi.
Ci hanno raccontato che in ospedale quando suona l’allarme bisogna correre veloce sotto in cantina e non importa se stai al quinto piano e non puoi usare l’ascensore, devi fare veloce e, se non ti puoi muovere dal letto, gli altri papà ti aiutano e ti portano giù in carrozzina.

C'è chi è venuto solo con un sacchetto di plastica, chi è riuscito a portare qualcosa di più e ha scelto bene.
Masha si è portata il suo violino, ha appena imparato un po’ ma per lei la musica è importante.
C'è una particolarità importante che rende unici questi giorni all’Arsenale dell’Armonia: l'incontro tra le famiglie kirghise che vivono con noi e le famiglie ucraine.
Tutti condividono la fatica dello sradicamento e il dolore per la malattia dei loro figli.
In questo caso non contano le differenze: si sta veramente insieme!

Ma la meraviglia più straordinaria è che ucraini e kirghisi per poter comunicare usano l’unica lingua internazionale che conoscono: il russo!
Una lingua che speriamo torni a essere lingua di pace. Insieme cerchiamo di respirare aria di normalità, di vivere in serenità le attività della casa nelle quali sono coinvolti con naturalezza grandi e piccini.
In un pomeriggio ci sono gli uomini che piantano le patate, i papà insieme ai volontari, le mamme con i ragazzi ci aiutano a dipingere le matite nell’orto per farlo più bello. Alla fine merenda per tutti.


Maria Claudia Brunello
NP aprile 2022

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