Al buio

Pubblicato il 12-03-2023

di Simona Pagani

Sedute al tavolo davanti a una tazza di caffè fumante, Olga, Liud, Svetla stanno parlando animatamente. Mi invitano a sedermi con loro. Sebbene siano passati pochi mesi dal loro arrivo riusciamo a capirci in lingua italiana. Olga ha il marito al fronte nella zona del Donbass, lei vive da mesi attaccata alle notizie che arrivano via internet. Liud preferisce non sapere, non potendo fare nulla da qui. Svetla racconta che prima della guerra gli ucraini non si sentivano un popolo, ora sì, tutti sentono la responsabilità delle sorti del loro Paese.

Ognuno fa la sua parte: i bimbi vendono torte e giocattoli per sostenere i soldati, le donne anziane lavorano a maglia calze, sciarpe e cappelli di lana da mandare al fronte; le più giovani preparano cibo da mandare ai soldati nelle cucine delle scuole dismesse. «Prima il volontariato non esisteva quasi nel nostro Paese, ora sono tutti volontari. C’è chi si occupa di raccogliere legna tra le macerie, per scaldare i rifugi sotterranei, chi porta pasti caldi ai malati e agli anziani, chi si trova per assemblare barattoli di alluminio, cartone e cera per produrre fornelli di emergenza, per illuminare e scaldare».

Le tre donne sono molto preoccupate per l’inizio dell’inverno. «In Ucraina tra poco la temperatura scenderà a -20° – dice Svetla – e tra gli anziani sarà una strage. Le nostre città sono immerse nel buio e le case illuminate solo dalle candele». Ascoltandole realizzo che l’assenza di elettricità non comporta solo mancanza di luce, gas e riscaldamento ma anche di acqua. Olga mi mostra un video in cui la gente scava buche profonde, accanto ai condomini, che possano fungere da latrine. Racconta di sua sorella che ogni giorno aspetta per ore in coda per raccogliere l’acqua alle fontane; i vicini di casa hanno invece preferito lasciare la città e raggiungere parenti in zone dove ancora c’è elettricità. Ma in tutto il Paese sono stati imposti blackout a rotazione per allentare il carico sulla rete elettrica. Mentre le ascolto e faccio mie le loro ansie e preoccupazioni, il mio pensiero corre ai ragazzi al fronte, poco più che ventenni, da una parte e dall’altra, che nel giro di pochi giorni sono passati, senza capire il perché, dall’avere un cellulare tra le mani, sdraiati sul divano di casa, a imbracciare un fucile, nel fango delle trincee, tra i topi, a 20 gradi sotto zero. Il mio pensiero va a chi ha paura, a chi si sente senza via di uscita, minacciato in egual misura dal fuoco amico come da quello nemico.


Simona Pagani
NP dicembre 2022

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