Meravigliato silenzio

Pubblicato il 04-02-2013

di Chiara Dal Corso

di Chiara Dal Corso - Icona appartenente alla scuola di Rublev, rappresenta le donne mirrofore al sepolcro, il mattino di Pasqua.
Riunisce i racconti della resurrezione dei vangeli di Matteo (Mt. 28,1-7), Marco (Mc. 16,1-7), Luca (Lc. 24,1-7.12), Giovanni (Gv. 20,5-8.11-13). Racconta di come le donne, giunte al sepolcro di Cristo per ungere il suo corpo, abbiano trovato la tomba vuota e degli angeli che hanno parlato loro: “Non cercate tra i morti Colui che è vivo!”. In questa scena domina il silenzio, il bianco dei teli nel sepolcro e negli abiti degli angeli, il gioco di sguardi e di mani che indicano il luogo dove Gesù era deposto, e che sorreggono gli oli profumati, o chiedono interrogative spiegazioni agli angeli. Anche la natura sullo sfondo riprende la danza dei volti dei personaggi, intrecciandosi ed inclinandosi nelle stesse direzioni: tutto parla di movimento, di agitazione, di sconvolgimento. Tutto è pervaso di stupore, di un muto dialogo intorno alla cosa più importante, il centro di tutto, che è assente, il corpo del Signore Gesù Cristo!

Della resurrezione esistono soltanto due modelli iconografici: la discesa agli inferi di Cristo e questa, delle donne al sepolcro. Perché rappresentare questa scena e non Gesù risorto? Perché rappresentare i teli vuoti invece di Lui vivo? I teli sono la testimonianza che il corpo non è stato trafugato e che è avvenuto qualcosa di straordinario: un cadavere, martoriato dalla tortura e da una morte terribile è sparito dal suo sepolcro lasciando solo le bende intrise del suo sangue, che sembrano essere rimaste ferme, così com’erano quando lo avvolgevano, custodi della sua impronta. Testimoni di un fenomeno extra naturale, un cambio di stato, un’evaporazione o un farsi di luce come ipotizzano per esempio gli studi sulla sacra Sindone.

Come potevano gli antichi iconografi immaginare una cosa simile se non sotto la descrizione di chi l’aveva visto veramente? (cfr. il vide e credette riferito all’apostolo Giovanni in Gv. 20,5-8). La tradizione afferma che le icone più antiche derivano da schizzi e disegni fatti da artisti o pittori sotto le indicazioni dei discepoli o degli stessi Apostoli, a loro contemporanei. Questo dà alle icone un valore di documento, di fotografia.

Tutto questo per dirci che un Uomo, il Figlio di Dio, è risorto, ha vinto la morte, l’ha vinta per tutti. Ancora una volta un mistero grandissimo che si svela ai nostri occhi con disarmante semplicità. Buona Pasqua!

Uova e Colori - Rubrica di Nuovo Progetto

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