Le storie delle persone

Pubblicato il 23-08-2023

di Roberto Cristaudo

Mi capita, sempre più spesso con l'avanzare dell'età, di interessarmi alle persone e, a livello inconscio, alle loro storie. Non conosco la maggior parte dei soggetti che incontro e che per vari motivi fotografo, ma – sempre più frequentemente – cerco di immedesimarmi, li osservo e penso: «Come sarei se fossi al posto loro?». In tutto questo immaginare e mettermi nei panni degli altri, mi capita di entrare in una dimensione più intima che alle volte mi fa mettere da parte la macchina fotografica.

Osservo e parlo invece di fotografare e le persone si aprono e iniziano a raccontare. Scopro allora storie molto belle, a volte semplici, altre volte più complesse, ma quello che mi colpisce sempre è quella voglia di raccontare che quasi tutti hanno in ogni parte del mondo. Alle volte succede che la comunicazione sia più complicata del previsto. Negli anni che ho trascorso in giro per il mondo ho imparato a sopravvivere un po' ovunque. Conosco lo swahili, l'arabo e il cinese, ma non posso dire di saper parlare. L'unica lingua straniera con cui me la cavo bene è l'inglese che fortunatamente, molto più che in Italia, è parlato un po' da tutti.

Nel 2013 ero in Nepal e mi capitò di fotografare la proprietaria di un piccolo negozio di spezie e verdure. Osservando la piccola quantità di prodotti esposti chiesi perché fosse così esigua. Mi raccontò che la maggior parte dei vegetali in vendita nel suo negozio proveniva dal foraging. Finsi di capire ma in realtà, all'epoca, non sapevo di cosa si trattasse. Il termine inglese foraging indica la pratica di cercare il cibo in territori naturali non contaminati dall'inquinamento. I contadini provenienti dai villaggi vicini portavano ogni mattina quello che riuscivano a trovare nella foresta e lei si preoccupava di venderlo dividendo con loro il ricavato. Il foraging è un'attitudine che appartiene da sempre al genere umano e animale, ma necessita di una buona conoscenza della natura e di quello che si raccoglie perché non tutto il mondo vegetale è commestibile.

Mentre passeggiavo in un piccolo villaggio nepalese, ho scoperto in modo del tutto casuale che fino alla fine del 1800, la dieta dei ceti più bassi in Italia era composta per gran parte da cibo selvatico. Questo mi ha fatto riflettere su come gli ingredienti selvatici siano stati, quindi, parte importantissima della nostra cultura e ancora oggi la base di molte ricette. Ho capito che raccogliere cibo selvatico con consapevolezza e conoscenza è un modo di sostentamento economico a impatto zero sull'ambiente, ma per farlo è necessario conoscere bene l'ecosistema, le dinamiche che lo muovono, la botanica e il territorio. La cosa più curiosa rimane il fatto che tutto questo l'ho scoperto proprio in quel piccolo villaggio nepalese. Allora mi è venuto in mente che forse, oltre alla bellezza, saranno le storie delle persone a salvarci.


Roberto Cristaudo
NP maggio 2023

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