Il mistero della Trinità
Pubblicato il 12-06-2022
SS. Trinità - di dom Luciano Mendes de Almeida - "O beata Trinità, o bellezza increata, tardi ti ho amato", dice Sant'Agostino. In Dio l'amore non è solo cosciente, è coscienza.
Dio è Uno nella sua sostanza ed è Tre nelle Persone. Questo che senso ha per noi?
Quando inizia un’amicizia dopo un certo tempo uno comincia ad invitare l’amico a casa, a far conoscere il padre, la madre, i fratelli; e così quello che era un compagno di scuola, un collega di lavoro, entra in una conoscenza più intima cosicché l'amicizia si stringe di più. Quando si è innamorati si comincia a raccontare le proprie cose, sapendo di essere capiti, di essere amati. Così, quando Gesù ci ha parlato del Padre, ha aperto il suo cuore, ci ha introdotto nell'intimità della sua vita e ci ha comunicato che il Padre, da tutta l'eternità, si specchia nel suo Figlio e che questo Figlio, dal momento iniziale, ama il Padre ed è amato da lui. È meraviglioso sapere che Dio non è un essere perfetto isolato, ma ha una vita dentro di sé, ha una vita intima.
Ci si può domandare: "Come possiamo comprendere che Dio ama il Figlio e il Figlio ama il Padre?". Qualcosa ci sfugge. Possiamo immaginare una giovane sposa: sogna di avere un figlio; non è ancora nato, ma è già desiderato; anche il futuro padre desidera quel figlio. Il desiderio è già qualcosa che fa uscire la persona da se stessa, perché aspira ad una vita che non è la sua vita: l’esistenza va nella direzione di offrire la vita, di far sorgere la vita. E poi l'essere che nascerà non solo sarà amato dai genitori, ma amerà a sua volta il padre e la madre. Quando la madre sente quella vita che nasce, non solo ama, ma sa che sarà amata, sarà veramente unita con questa nuova vita.
Portiamo questo paragone alla vita di Dio: Dio da tutta l'eternità vuole essere capace di darsi ad un Altro, senza mai contenere tutto per sé. Dio è così buono, così aperto, così infinitamente oblativo che da tutta l'eternità si comunica; non solo immagina, ma concepisce l'Altro, e quell'Altro è uguale a se stesso perché non riserva niente per sé e dà tutto quello che è all'Altro; l'Altro, che è il Figlio, è così riconoscente verso il Padre perché sa che tutto quello che riceve lo riceve dal Padre, allora lo ama.
Il Padre ama e questo amore è l'inizio della vita del suo Figlio, un inizio che è da tutta l'eternità; più esattamente, il Padre è la sorgente di questa vita e fin dall'inizio il Figlio ama il Padre. In noi l'amore è cosciente, mentre in Dio non è solo cosciente, ma è coscienza, è vivo. In Dio l'amante, l'amato e l'amore sono veramente coscienti, vivi, capaci di reciprocità; questo è una bellezza, perché in Dio sono sempre uniti e sono sempre in comunicazione. La verità più grande che abbiamo nella Trinità è questa comunicazione dell'essere, uno sempre in comunione con l'altro.
Noi cristiani, possiamo dire che Dio, la Trinità, è la sorgente della comunione e siamo chiamati ad entrare non solo nell'esperienza concreta della vita, vedendo, capendo, camminando, ma anche nell'esperienza della comunione: pensiamo in Dio, lui pensa in noi, noi ci troviamo come amici, fratelli. Ogni atto di comunione, di amore, di reciprocità, di gratuità è un'immagine di Dio. Dove c'è unità in famiglia, tra amici, nella comunità, nella Chiesa, nella società, c'è l'impronta di Dio.
Per vivere il mistero della Trinità non possiamo pretendere che le persone facciano a modo nostro: dobbiamo rispettare l'originalità di ogni persona umana, il suo modo di essere e di amare, e amare l'altro per i doni che il Signore gli ha dato.
dom Luciano Mendes de Almeida
da NP maggio 2011