L'Arsenale della Speranza
Pubblicato il 26-01-2021
Perché questo bel nome? Molte sono le ragioni.
La prima è conseguenza della rilettura che il Sermig fece dei suoi primi trent’anni di vita dediti a servire il prossimo, specialmente i più bisognosi, con una grande apertura missionaria. Era stata un’esperienza impregnata di speranza.L’impegno al servizio degli ultimi era stato portato avanti dal nucleo centrale dei consacrati, al quale si erano affiancate famiglie, e poi giovani e meno giovani che volevano vivere la fede e la carità con un orizzonte di pienezza, di vita eterna, fondato sulla presenza di Cristo risorto e sotto la costante azione dello Spirito Santo. Un orizzonte fondato, cioè, sulla speranza.
La Fraternità decise allora di assumere il nome di “Fraternità della Speranza”. E alla speranza dedicò il secondo Arsenale, quello di San Paolo.
Un’altra ragione, non meno importante, si può individuare nel desiderio di lasciarsi ispirare dal motto del Cardinale Paulo Evaristo Arns, all’epoca arcivescovo di San Paolo, che aveva intensamente desiderato la fondazione dell’Arsenale a San Paolo e si era molto impegnato perché il sogno si realizzasse per offrire al popolo della strada, ai più poveri, un servizio che li aiutasse a ritrovare la loro dignità. Il motto inciso nel suo stemma è: “Sperare contro ogni speranza”.
Contatti vari con lui, con dom Decio, vescovo di quella parte della città dove oggi sorge l’Arsenale, con le autorità civili, con i membri della pastorale, unitamente al discernimento spirituale all’Arsenale della Pace, ai tempi di preghiera, alla preparazione dei primi giovani missionari, hanno permesso che nascesse finalmente l’Arsenale a San Paolo, con il bel nome di “Arsenale della Speranza”.
L’Arsenale è un servizio ai più poveri, a quelli che hanno un grande bisogno di speranza per avere il coraggio di lottare ogni giorno per la sopravvivenza e per superare le difficoltà.
È doveroso alimentare nei loro cuori questa virtù così bella di Gesù, la speranza, che è fiducia nel Padre del Cielo e certezza della sua vittoria sul peccato e sulla morte.
Dom Luciano
dal libro "Due amici"
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