In ascolto dei giovani

«Ai genitori dei bambini che si preparano alla prima Comunione domando: “Quali sono i valori della vita di fronte ai quali lo Spirito Santo mette un più?”. Rispondono: “La pace, la giustizia, la verità, l'amore…”.

Allora mi alzo e faccio per andare via, poi torno indietro: “È strano; mi avete dato risposte da angeli, e le ali non le avete! Il denaro, il corpo, il divertimento, il sesso non sono forse un valore?”. Quanta gente è analfabeta in amore!». Alberto Ablondi, amico e maestro del Sermig, sintetizzava così la sua idea di cristianesimo in un convegno ad Assisi dove l'avevamo invitato come relatore, per lui l'uomo andava sempre e comunque messo davanti alla struttura. Nato a Milano nel 1924, nel '70 diventa vescovo di Livorno.

Uomo di comunione, inizia una proficua stagione di dialogo con rappresentanti della comunità ebraica e mussulmana, aprendo un cammino interreligioso che culminerà nel 1989 con la Giornata dell'Ebraismo ogni 17 gennaio. All'amore per la Chiesa - di cui auspica un rinnovamento a seguito del Vaticano II radicato nelle Sacre Scritture che porta alla prima traduzione interconfessionale in lingua corrente del Nuovo Testamento - unisce l'attenzione alla società civile. In quello stesso anno infatti affianca con autorevolezza la lotta dei lavoratori contro la privatizzazione dei porti. Ma soprattutto in lui c'è un amore appassionato per i giovani, cui dedica addirittura un Sinodo.

«È ora di ascoltare la sete e la notte dei giovani. Nella mia Diocesi ho cercato di ascoltarli, di capirli, di amarli e ho maturato quest'idea: i giovani non sono poveri. È povero chi non ha quello che hanno tutti; i giovani sono miserabili, perché non hanno il necessario per vivere. Mi scrivono: “Tu solo ti interessi di noi, tu solo sei un amico. Tutti parlano di noi, o su di noi, ma nessuno parla con noi”». A distanza di tanti anni – muore nel 2010 – l'urgenza è sempre attuale, e il Sermig continua a farsene portavoce.

Annamaria Gobbato
NP gennaio 2022