Non è mai troppo tardi

Pubblicato il 02-04-2022

di Annamaria Gobbato

«Il mio sogno da ragazzo era di fare il capitano di lungo corso, frequentavo l'Istituto nautico, ma contemporaneamente volevo fare il maestro, per cui studiavo all'Istituto magistrale…». Alberto Manzi, romano, si diploma tale nel 1942. Chiamato alle armi dopo l'otto settembre dalla Repubblica Sociale Italiana, da convinto antifascista rifiuta e si salva dai rastrellamenti trovando rifugio presso l'Ordine di Malta. Con l'arrivo degli americani a Roma si arruola volontario presso il battaglione San Marco, alleato degli inglesi. «Soprattutto dopo l'esperienza della guerra, l'idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi». Alla fine del conflitto, prende servizio all'Istituto di Rieducazione e Pena “Aristide Gabelli” di Roma, accettando il posto prima rifiutato da ben quattro colleghi, e dove realizzerà assieme agli “allievi”, circa 90 ragazzi fra i 9 e i 17 anni, il primo giornale degli Istituti di Pena, La Tradotta. «Di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, così mi fu detto, sono rientrati in prigione». In seguito si impiega presso la scuola elementare Fratelli Bandiera di Roma, dove resterà fino alla pensione.

Quando nel 1981 vengono introdotte le "schede di valutazione", che la riforma della scuola aveva messo al posto della pagella, Manzi si rifiuta di redigerle perché «non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento». La disobbedienza gli costa la sospensione dall'insegnamento e dalla paga. Nel 1960 fu scelto per presentare il programma tv Non è mai troppo tardi, usando metodologie didattiche innovative dinanzi a classi di adulti analfabeti o quasi. Fu così che un milione e mezzo di persone conseguirono la licenza elementare grazie alle sue lezioni a distanza. Perciò nel ricordo collettivo Alberto Manzi resterà per tutti “il maestro degli italiani”.


Annamaria Gobbato
NP dicembre 2021

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