Vivere l’avvento dicendo sì

Pubblicato il 08-01-2006

di Giuseppe Pollano

Dicendo sì, Maria è diventata grembo per Dio. Anche noi possiamo “essere grembo” per Gesù. Così l’annunciazione continua ad accadere, oggi come ieri come sempre.

 

       
Che significato ha l’annunciazione per il mondo di oggi? A prima vista potrebbe rimanere un episodio del passato o una pagina del mito cristiano. Questo direbbe la sapienza dell’uomo, ma la follia di Dio è molto più sapiente. Dio non è mai inattivo e questa pagina rivivrà sempre: da parte di Dio continua l’intervento dentro la storia, l’annuncio che la salvezza c'è e che sono beati coloro che lo accolgono e poi lo spargono attorno.
 Si sente spesso dire che se Dio ci fosse dovrebbe farsi sentire e vedere, che tace troppo. Non è un discorso nuovo. Un mistico tedesco del ‘600 ha scritto che Dio non può mai nascondersi, a meno che non inventiamo per lui una tana. Se incastri Dio nella tana perché non si muova, non ti lamentare che non ci sia più. Pensiamo a quel bravo cristiano che ha preparato la sua tana per Dio, fatta di una messa alla domenica, di qualche buona opera e di poco altro: se Dio se ne sta lì tranquillo ci stia pure, ma che non si permetta di uscire a pretendere di più. Non è Dio che tace, siamo noi che lo costringiamo a tacere, ma continuerà a farsi vivo, perché Dio è sostanzialmente Parola e non può tacere. Non solo parla, ma provoca e coinvolge ed è questa la ragione della speranza.

Viviamo in un tempo disperato proprio perché non ci aspettiamo più nulla dal Dio amico che potrebbe dirci le parole della gioia della vita. La speranza che abbiamo in colui che non sta mai zitto, che non è mai fermo e lontano, ci rende certi che un bene in più può ancora essere realizzato, che una verità in più può ancora essere vissuta e predicata. Basta aprire la Bibbia e ogni volta una verità in più emerge e ci tocca. Non c'è frontiera.

Lo spirito cristiano accetta la provocazione dell’oltre e rifiuta la frontiera, come tutto fosse finito. È necessario conservare questo spirito! L’annuncio per noi cristiani è una necessità, perché continuiamo ad essere simili a Maria, ossia con un cuore potenzialmente aperto, pronto, puro. È bellissimo essere persone la cui caratteristica principale, al di là delle varie doti che possiamo avere, è di conservare il cuore aperto a Dio e, tutti i giorni, di essere pronti all’annuncio, grande o piccolo che sia. È l’apertura di cuore che permette a Dio l’annuncio. Maria non mette Dio nella tana, ma lo accetta nel suo grembo di donna, lascia cioè che Dio veramente si annidi in lei nel modo più penetrante e possessivo: non è una donna che ascolta la parola, è una donna che concepisce la parola.

L’annuncio, la Parola non è soltanto entrata nella mente di Maria: entrando nel suo grembo è diventata uomo. Questo è il simbolo perenne di qual è l’intenzione di Dio in ciascuno di noi: dobbiamo concepire Cristo, lasciarlo nascere dalla nostra carne, dal nostro sangue, permettere che ci prenda e diventi più importante di noi, come fu per Maria. Devo permettere a Dio di entrare nel grembo della mia vita, che è il grembo della mia mente, della mia coscienza, del mio cuore e anche del mio corpo, perché sono tutto suo. L’annuncio, allora, perde del tutto il carattere di comunicare una notizia; infatti Maria non ha ricevuto tanto la notizia che qualcosa accadeva, ma soprattutto ha ricevuto quel che accadeva, ha ricevuto l’evento, ha lasciato che veramente Gesù prendesse possesso di lei e, da quel momento in avanti, Lui ha cominciato a crescere in lei e ad impossessarsene. Non c’è nulla di più intimo e trasformante della fisiologia della maternità, ed è bellissimo che Dio, tra tutte le strade, abbia proprio scelto questa.

Annunciazione ieri, oggi e sempre vuol dire che la Parola che viene in noi ha questa pretesa di interiorità: cadono tutte le preghiere che si fermano solo a fior di labbra, le cose pensate e ascoltate senza approfondimento, leggiucchiate in fretta, le cose un po’ convenzionali, insomma i rischi nei quali possiamo cadere tutti. Resta invece il bisogno che, se Dio viene, io cominci ad ascoltarlo dal di dentro. La preghiera allora diventa profonda, vitale, dà un brivido interiore, fa cambiare qualcosa, fa riflettere, scuote, insomma converte, magari in piccolissime cose: la vita cresce così. Un bambino in un grembo cresce attimo per attimo, quasi non te ne accorgi; così è la Parola. Perciò l’annunciazione invade ed è quello di cui abbiamo bisogno per noi e, facendoci tramite, per gli altri, poiché la pagina dell’annunciazione, come tutte le pagine del Vangelo, ci vede contemporaneamente salvati e salvatori, cioè protagonisti attivi e passivi.

L’annunciazione cambia il nostro ruolo e Dio, poiché siamo suoi figli, si compiace di fidarsi di noi, ci considera come ha considerato Maria, ci esorta ad aspettare dall’alto la verità e la gioia, a cercarle tutti i giorni nella Parola e a lasciare che essa si annidi dentro il nostro cuore senza reticenze, senza fughe. Paolo VI ricorda che l’uomo evangelizzato si rovescia e diventa un evangelizzatore. Se noi non saremo l’angelo Gabriele, cioè se non saremo i mandati da Dio per quella persona lì, quella volta lì, altri non sentiranno mai parlare di Dio, non avranno mai l’annuncio di cui hanno enorme bisogno. E non si finisce mai.

 

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