PADRE NOSTRO: Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Pubblicato il 25-01-2021

di Giuseppe Pollano

Al Padre con famigliarità possiamo parlare della nostra vita, offrirgli la nostra giornata e chiedergli il “pane quotidiano”, sapendo che Lui meglio di noi sa cosa donarci.

di Giuseppe Pollano


Il discepolo formato dall’incontro con Dio e dall’amichevole e famigliare conoscenza di Gesù, ora, proprio perché è discepolo parla a Dio della sua vita, del suo vivere in questo mondo, da persona sapiente che chiede le cose nel modo giusto. Ci soffermiamo sulla prima di esse: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Ci troviamo con due termini, il pane e quotidiano. Il pane significa tutto ciò che nel realismo della vita ci è necessario per esistere. Ai tempi di Gesù, come nelle culture contadine in genere, il pane è l’elemento base dell’alimentazione e dunque la domanda del pane ha già una sua misura. Sappiamo che Dio ci dà tutto quello che ci serve, ma se quel “tutto” fosse per noi l’espressione di un desiderio smodato, non pregheremmo da discepoli. Tu chiedi il tuo pane, cioè quello che ti serve per vivere secondo il tuo bisogno. Col termine quotidiano si intende il pane necessario oggi, dove oggi non è una indicazione temporale di calendario, ma piuttosto il senso della misura: il discepolo chiede al Padre ciò che gli serve a vivere nella giusta misura.
Che cosa a voluto insegnarci Gesù con questo modo di chiedere ciò che ci serve a vivere? Senza dubbio di vivere in una profonda confidenza con il Padre, infatti noi diciamo “dacci oggi il pane quotidiano” ad un Padre che sa ciò di cui abbiamo bisogno. Ci sono cristiani che si domandano perché chiedere a Dio, quando lui sa già tutto. È vero, e guai a noi se Dio ci desse soltanto ciò che gli chiediamo! Ma il chiedere stabilisce un rapporto di confidenza e di abbandono che a Dio è molto gradito, un filo di umile e dolce amore. Chiedete a Dio sempre, con molta semplicità.

Quando chiedo “dammi il pane” esprimo il mio bisogno di uomo. L’uomo è un essere carico di bisogni: siamo completamente poveri e guai se da Dio e attraverso Dio da altri, non ricevessimo tutto! “Dacci il pane per oggi” è perciò una preghiera ricca di santità, di equilibrio e di moderazione.
Cosa accade all’uomo con il suo insieme di desideri? Siamo un fascio di desideri, ma se lasciamo che dentro di noi esplodano e si mettano in conflitto tra loro e con quelli degli altri, fatalmente la vita diventa una guerra, l’uomo lupo per l’uomo, anche nella Chiesa. Se la nostra vita è soprattutto segnata dalla prepotenza del desiderio certamente noi perderemo la pace. Dunque il desiderio dentro di noi è forza per vivere e chi non ha più desideri è abulico, è morto. Però occorre desiderare con forza e bene nella giusta misura. Chi invece si lascia portare dal desiderio è potenzialmente un nemico di se stesso e degli altri. Il desiderio di per sé, se ci abituiamo a lasciarlo libero, è una azione che procede per sfondare la diga, niente lo ferma.

La nostra civiltà non ci educa ad una disciplina dei desideri, anzi ne provoca sempre di nuovi e, così facendo, non solo ci fa persuasi che è bene, logico, inevitabile avere desideri, ma che è giusto soddisfarli. Ciò ci rende conflittuali, travagliati spesso dall’invidia di ciò che gli altri hanno, gelosissimi di ciò che abbiamo noi e quindi ci troviamo in difficoltà a donare, a concedere, a partecipare. Il desiderio è un tiranno, ed è buona ascetica renderci conto che spesso siamo ancora abbastanza schiavi di nostri desideri. Gesù ci dice di offrire al Padre il nostro bisogno di vivere e il desiderio delle cose da veri discepoli, lasciando che ci dia Lui la misura. Il desiderio di per sé è disordinato, non va per ordine di valori, e tutti abbiamo fatto l’esperienza che un desiderio inferiore ne ha sorpassato uno più nobile, nel grande e nel piccolo. Tutto diventa scusabile, perché i valori si sovvertono, i fini si alterano e ciò che dovrebbe rimanere il primo lentamente decade. I desideri con la loro prepotenza ci tradiscono. Il desiderio supremo è avere Dio, ma sembra più una espressione dei filosofi che una regola di vita: quante volte mettiamo in gioco il Dio che potremmo avere perché in quel momento un altro desiderio ci ha giocati?

Il “dacci il pane quotidiano” diventa una formula molto alta, è come dicessimo: “Padre, noi sappiamo che tu ci conosci bene e valuti bene tutto ciò di cui abbiamo bisogno molto prima che te lo chiediamo, e ci dai ciò che non ti chiederemmo perché siamo dei ciechi. Padre ci fidiamo di te, e il nostro vivere lo consegniamo alle tue mani. Dammi il pane quotidiano, voglio essere libero dal tumulto dei miei desideri e quando sento che qualche mio desiderio comincia a tormentarmi, voglio essere libero, non voglio che il mio desiderio sia il mio signore.

Dammi ciò che mi è necessario per ciò che mi serve e, nello stesso tempo, io ti consegno la mia povertà di spirito”. È lecito nella vita desiderare di crescere ed avere cose belle e buone, ma sempre chiedendole con senso di familiarità col Padre.

Il Padre sa quello che mi serve e mi fido talmente che se anche ricevo una cosa che non vorrei o che mi pare non serva, giungo a credere che se me la dona è perché mi serve. Basti pensare ad un dolore, ad una sofferenza: subito non la accettiamo e la respingiamo, “questo non ci voleva”. Umanamente non so dire di più, ma cristianamente posso dire di più: “Padre, a mio giudizio non ci voleva, ma tu sai e io no. Se nel mio pane quotidiano hai messo anche questo grano di sale che adesso ho sotto i denti, allora questo è per il mio bene”. Sono queste le frasi dei discepoli, che si fidano del dono di Dio prima di vedere il dono. Noi discepoli non chiediamo a Dio di vedere i risultati prima di accettare il “pane”, perché ci fidiamo del Padre.
Lascia che il pane te lo prepari il Padre, continua a dire che vuoi il pane che ti dà, continua a darti da fare, ma non cercare tue soluzioni. Fidati! “Padre, vuoi darmi oggi la salute? Sii benedetto. Vuoi darmi un po’ di fatica o di malattia? Sii benedetto. Tu sai, io no”. Solo un discepolo libero dal tumulto dei desideri può rivolgersi così al Padre. Quando i dolori ci straziano, questo è il momento di implorare Dio perché ci dia la forza di continuare a dire di darci il pane quotidiano, anche se è un pane veramente amaro. Fidati di Dio in quel momento, egli sa che sei nel rischio di voltargli le spalle.

Andando al di là delle cose materiali, il pane è fare la volontà del Padre, perché ha programmato e donato la mia giornata affinché diventi una giornata santa. La tua giornata non è solo fatta di cose casuali o prevedibili che riesci a controllare, la tua giornata è un dono di Dio e in tutto Dio mette la sua grazia, perché di ogni piccola circostanza tu ne faccia un modo per santificarti, per essere più felice per sempre. La tua giornata è già pronta, prendila come è. Chiedete tutto ciò che vi serve per vivere fidandovi del Signore, ma in questo bellissimo ordine interiore: “Cercate prima di tutto il regno e la giustizia” (Mt 6,33), cioè cercate innanzi tutto le prime tre domande del “Padre nostro”, innamoratevi di Dio, entusiasmatevi di Gesù Cristo, siate cristiani e “il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Se dai a Dio quello che è di Dio, non pensi che Dio dia a te quello che ti serve per santificarti, lui che ti ha creato? Dio ha preparato tutto per te, fidati.

Il “Padre nostro” così diventa di una sapienza incredibile perché io chiedo al Padre tutti i giorni di vivere con ordine e con sapienza. Prima di tutto mi fido, e se mi fido mi affido, dopo di che capiti ciò che vuole. Le persone che vivono in questo modo sono capaci di infondere negli altri una meravigliosa e misteriosa pace, perché delle molte maniere di raggiungere la pace, che tu ti fidi e ti affidi è la più essenziale e profonda: che cosa d’altronde ti può turbare se Dio è con te in questo modo?
Dacci il pane quotidiano: è una grande domanda che ci risuona nel cuore e che possiamo ripensare: tu il pane lo accetti da Dio? Vivi triste perché qualche desiderio non si esaudisce mai? Vivi inquieto, scontento, sei infelice, non ti fidi di Dio e ti viene di diffidare di lui appena le cose non vanno bene? Interroghiamoci, nessuno è perfetto, però tutti, nello Spirito, possiamo ripetere il gesto finale del Signore: non si faccia la mia volontà, ma la tua, non perché sei il più potente e non posso far diverso, ma semplicemente perché, Signore, sei il più buono, semplicemente perché ho incominciato a parlare con te dicendoti Padre, e continuo a dirlo, a vivere in questa parola, a fidarmi totalmente, e non rinnegherò mai il Padre nostro. Allora il pane quotidiano è proprio quello buono che mi dai oggi e che mi darai domani.

Giuseppe Pollano
deregistrazione non rivista dall’autore
 
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