Tu vo’ fa o’ talebano

Pubblicato il 31-08-2009

di Andrea Gotico


“Tu vo’ fa’ l’americano”, diventata “Tu vo’ fa’ o talebano” e “cartoonizza” le gesta del capo di Al Quaeda...



Cinismo e (un certo tipo di) comicità vanno da sempre a colazione insieme.
Molto spesso i guai altrui sono stati fonte di ispirazione (spesso di dubbio gusto) per commedie, scketches, barzellette, eccetera. L’ennesima dimostrazione di questo assioma è stata la tragedia americana (o mondiale) dell’11 settembre. Dopo qualche giorno di silenzio (dedicato probabilmente allo sgomento), hanno cominciato a circolare, dapprima timidamente, poi sempre più spavaldamente, tonnellate di storielle dedicate agli eventi appena citati. E i primi a metterle in circolazione sono stati, guarda caso, proprio gli americani, nel tentativo di esorcizzare la paura o scaricare la tensione con qualche risata.

Cito testualmente un frammento di un articolo di Dante Matelli pubblicato da una nota testata del web: ...Non si era ancora posata la polvere a Manhattan che, alla vista dei primi poliziotti neri che uscivano dalle macerie imbiancati come fantasmi, è nata la battuta:«Telefonate a Michael Jackson: hanno scoperto il metodo per schiarirsi la pelle»”.
E credetemi, di tutte le battute circolate sulla rete questa è probabilmente la meno pesante. D’altra parte (e cito sempre dall’articolo di Matelli) Rudolph Giuliani in persona alla domanda …Si può ridere sull'11 settembre? ha risposto: …Se non lo fate, vi faccio arrestare….

Considerazioni personali a parte, le grandi tragedie umane sono diventate innumerevoli volte motivo di ilarità, trasformate dal filtro di artisti di vario genere e caratura. Tra le massime espressioni di questo filone possiamo sicuramente citare i films di Charlot, dove un irresistibile Charlie Chaplin riusciva perfino a infondere un po’ di bontà impersonando gli ultimi, i relitti della società del suo tempo.
E che dire di Buster Keaton, di Harold Lloyd, di Stanlio e Ollio, o di Mel Brooks, di Fritz Frileng (creatore di Will Coyote), o dei nostrani Totò, Vittorio De Sica, Federico Fellini, e di tutti gli altri maestri del riso dolce-amaro? Certo, nulla corre tra il buon gusto e la genialità delle opere di questi signori e il grasso unto di bassa lega di un certo modo di leggere le sventure quotidiane.

A proposito dell’11 settembre, devo confessare di essermi divertito molto alla visione di un cartone animato che mi è stato recapitato via web da non so più chi. Si trattava di un breve piccolo video di qualche minuto dove un piccolo complesso (un gallo-pianista-cantante – tale Gino Pollazzone, un ragno-sassofonista più un batterista e un contrabbassista) interpretava a modo suo il celebre successo di Renato Carosone “Tu vo’ fa’ l’americano”, diventata “Tu vo’ fa’ o talebano”, e narrava (in chiave canzonatoria) le gesta di Osama Bin Laden. Questa canzone, lo ricorderete di certo, prendeva di mira un non meglio precisato figuro che si atteggiava a “americano”, ascoltava il rok’n roll e giocava a baseball.
Da allora l’espressione “fare l’americano” è più o meno entrata a far parte del nostro linguaggio parlato quotidiano. Ora la stessa canzone (con un testo degno dell’originale) “cartoonizza” le gesta del capo di Al Quaeda, ma si tratta di una satira con doppia lettura. Come dire che a noi già faceva sorridere fare l’americano, figurati il talebano.
Da un lato condanna decisa del terrorismo e di certi regimi totalitari ed estremisti, irrispettosi della persona e dei suoi diritti più comuni (similmente al nostro medioevo; quando qui comandava la Chiesa esisteva l’Inquisizione, ricordate ?); dall’altro lato, presa di distanza dalla guerra (sono sempre gli ultimi a rimetterci) e dalle trame tessute sotto banco e certamente taciute dai media (CNN compresa, speriamo per negligenza…). Sottile genialità partenopea o che altro ? Carosone, jongleur dei tempi moderni, docet !

Mauro Tabasso









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