Speranze dal Libano

Pubblicato il 26-10-2020

di Valentina Turinetto

A seguito delle due grandi esplosioni avvenute a Beirut, la situazione già difficoltosa del Libano si è ulteriormente com­plicata. L’instabilità politica, sociale ed economica del Paese, abbinata alla pandemia, ha fatto sì che il governo libanese si sia trovato impreparato e reagire di fronte a questa nuova emergenza.

Una situazione così delicata non ha impedito che diverse associazioni si impegnassero per soccorrere coloro che si trovano ad affrontare questa ulteriore emergenza. Un esempio è la Nation Station, una stazione di servi­zio abbandonata in uno dei quartieri più danneggiati dalle due esplosioni dello scorso 4 agosto. Il giorno dopo il disastro di Beirut, un giovane im­prenditore agricolo di nome Hussein ha deciso di lasciare qualche cassa di frutta e verdura alla Station e, senza esserne troppo consapevole, ha dato inizio ad un movimento di aiuti volontari che in pochi giorni ha coinvolto centinaia di persone. Una prima sorpresa è stata proprio il fatto che il primo a portare il suo aiuto sia stato un ragazzo musulmano, in un quartiere cristiano. Grazie al movi­mento di gente disposta ad aiutare e donare quel poco che aveva, nel giro di pochi giorni molti volontari si sono organizzati per ripulire questo spazio, riparare le vetrate e trasformare la vecchia stazione in un vero e proprio punto di raccolta e distribuzione di pasti pronti, cibo fresco, frutta, verdu­ra e acqua. Circa 1.000 persone, ogni giorno, si rivolgono qui per chiedere aiuto.

Di fianco agli aiuti alimentari, ci si è organizzati per sostenere la ripara­zione di molte strutture danneggiate. I prezzi del vetro e del nylon per aggiustare le finestre hanno raggiun­to livelli inaccessibili per la maggior parte della gente comune. La “nylon generation” si occupa di riciclare e re­cuperare questo materiale e metterlo a disposizione.

Inoltre, si è affiancata una squadra di volontari per il primo soccorso me­dico e la distribuzione di medicinali: La cooperazione ha portato anche ad una raccolta fondi per sostenere le piccole imprese della zona che sono a grave rischio di fallimento.

Così, in poco tempo la Nation Station ha fatto da volano per la coordinazio­ne di varie ONG operanti sul posto, locali ed internazionali. Persone che sono andate al di là della loro religio­ne, delle diversità culturali, dell’affi­liazione politica, delle proteste contro il governo. È prevalso il desiderio di compiere azioni di bene e di portare speranza, sentendo la propria città come la propria casa. È auspicabi­le che quanto prima la situazione politica migliori e anche i governanti sappiano operare con maggiore re­sponsabilità rispetto al passato.

Valentina Turinetto
NP agosto/settembre 2020

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