Porte, chiavi e padroni di casa

Pubblicato il 13-02-2023

di Alberto Brigato

Se l’uomo ricco avesse accolto Lazzaro, vestito, sfamato, curato le sue piaghe, se solo avesse aperto la porta di casa e l’avesse fatto entrare …

«La Parola è stata scritta per l’amato che la legge», sussurra parole nuove, suscita pensieri creativi e dà voce al cuore che la accoglie. Davanti alla parabola del ricco epulone la cosa che mi colpisce di più è la divisione netta, lo sbarramento, la lontananza che si è creata tra i due protagonisti. E pensare che tutto è iniziato da una porta chiusa. Ecco, siamo davanti a una porta chiusa e, come sappiamo tutti, “ogni porta ha la sua chiave”; anche il Paradiso è spesso raffigurato con un grande cancello davanti e con San Pietro che ha in mano le chiavi per aprirlo. In questo caso il cancello, la porta, è unica per tutti, ma le chiavi sono molte e diverse per ognuno di noi: in Paradiso ognuno avrà la propria chiave per entrare.

Succede cosi anche in altre parabole, in cui Gesù ci “suggerisce” come aprire le porte. Il figliol prodigo ha usato la chiave della misericordia del Padre per tornare a casa, il fratello maggiore invece non ha voluto usare quella stessa chiave ed è rimasto fuori; l’amministratore disonesto ha usato la chiave dell’astuzia per tornare in casa del padrone.

Anche oggi siamo di nuovo davanti a una porta chiusa, in questo racconto invece Gesù non ci dice due cose importantissime, (chiarissime?) ma, come sappiamo, le parabole sono fatte apposta per farci ragionare un po’, per sforzarci a leggere bene cosa c’è scritto tra una parola e l’altra, chiedendoci cosa Gesù vuole davvero comunicarci.

La prima cosa che non ci viene detta è che l’uomo ricco era cieco:

• non vede Lazzaro davanti alla sua porta, non vede tutte le sue sofferenze, la povertà, le piaghe, non vede la sua mano tesa e soprattutto non vede la sua fame;

• quando muore, non vede l’abisso che separa l’Inferno dal Paradiso, l’impossibilità di attraversarlo, la distanza che li separa;

• non vede le possibilità reali che hanno i suoi fratelli ancora vivi di capire come cambiare vita e salvarsi;

• anche dall’Inferno – cosa ancora più triste – non vede Lazzaro come una persona, ma come un servo da usare per colmare la sua sete.

La seconda cosa che non ci viene detta in questa parabola è la reale funzione di Lazzaro: Lazzaro è la vera chiave che può aprire la porta, proprio quella porta a cui è stato davanti per tutta la sua vita. Se l’uomo ricco avesse accolto Lazzaro, vestito, sfamato, curato le sue piaghe, se anche solo avesse aperto la porta di casa e l’avesse fatto entrare, ora avrebbe le chiavi del paradiso e lui stesso entrerebbe. Possiamo dire che i poveri sono le chiavi del paradiso? No. Le nostre buone azioni? L’andare a messa? Seguire il catechismo? Saranno la chiave? No. Il ragionamento è semplice, se non addirittura banale. Chi ha le chiavi di casa? Il padrone di casa. E chi è il “padrone di casa” del Paradiso? Dio. Allora chi può entrare in questa casa? Dio! E chi in vita, si è fatto come Lui, ha agito come Dio, è stato Dio per qualcuno, il Dio di cui parla Gesù, il Dio – Amore che ama, veste, sfama, copre, cura, consola, accoglie, perdona … tutto gratuitamente.

Ognuno di noi ha il proprio Lazzaro personale, la propria chiave, che solo noi possiamo usare, che solo noi possiamo girare nella toppa e aprire la porta, come veri proprietari della casa.

All’Arsenale della Speranza sei immerso in un enorme mazzo di chiavi umane, ognuno con la propria etichetta, che aspetta di essere “usato”, ma ogni nostro accolto è soprattutto una porta, spesso chiusa a doppia, tripla mandata e allora sei tu che devi farti chiave, piccolo e duttile, come un passpartout. Chiedi permesso e pian piano vedi la Vita che si apre.

Alberto Brigato
NP Novembre 2022

 

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