Togliti i sandali

Pubblicato il 14-03-2023

di Alberto Brigato

Per un pastore dei tempi della Bibbia togliersi i sandali è come chiedere a noi di togliere le ruote di una macchina e guidare lo stesso! Anche noi adesso, se ci togliessimo le scarpe, dovremmo stare attenti a dove mettiamo i piedi; andremmo più lentamente per vedere cosa o chi stiamo calpestando, inevitabilmente rallenteremmo, diventeremmo più accorti, più attenti e perfino curiosi e – magari – cambieremmo il nostro passo.

Questo è quello che è successo a Mosè, ha cambiato il suo passo, il passo di un uomo, deciso, capace e sicuro, nei suoi sandali, a un passo di Dio, delicato, attento e scelto. È come se Dio gli avesse detto: «Fino a qui hai camminato da solo, con le tue forze, con i tuoi sandali. Ora toglili, cammina a modo mio, lascia che io ti indichi dove, come e quando posare la pianta dei tuoi piedi».

Una situazione analoga è capitata probabilmente per il mio primo vero incontro con Dio e lo ricordo molto bene: era un martedì sera prima dell’incontro di preghiera, non ricordo più per cosa, ma ero stato ri-preso da Ernesto e Rosanna. Mi sono ritrovato molto triste, da solo, dietro al palco dell’ex-auditorium. In quel momento è passata Rosanna che mi ha detto: «Non ti preoccupare, è un problema comune in tutti noi, dobbiamo solo smettere di pensare di poter far tutto da soli e lasciar lavorare Dio in noi, metterci da parte perché sia sempre lui a guidare i nostri passi».
Quelle parole, semplici e vere, così vere che non necessitavano di spiegazioni, così vere da far male, soprattutto all’orgoglio, hanno iniziato a scavare, a “slacciare” piano piano i lacci dei miei sandali, a dare una direzione ai miei passi.

Togliersi i sandali è un po’ come spogliarsi, farsi vedere nudo, per quello che si è veramente, al di là delle etichette, del lavoro che facciamo, al di là del proprio modo di porsi. Camminare giornalmente a piedi nudi, sentire la terra che pestiamo, l’asfalto caldo e l’erba del “Giardino dei Popoli”, il mosaico scivoloso della vasca dei pesci e i sanpietrini taglienti; l’esperienza rende i piedi più forti anche se nuove ferite si aggiungono alle vecchie… Mi verrebbe da dire addirittura che senza lacci si respira meglio.

C’è stato un periodo in cui ero veramente stretto in un laccio, quello del lavoro, che si attorcigliava un po’ su tutto. Un laccio che lega mani e piedi e ti ritrovi immobile, soprattutto in una fraternità che lavora insieme, in un posto di lavoro che è anche la tua casa, con dei colleghi che sono anche tuoi fratelli e sorelle. Sono arrivato a pensare che «Io sono il lavoro»: io ero la cucina, nel bene e nel male. Ricordo bene il momento in cui sono stato sciolto da quel laccio. Un altro incontro con Dio: al 4° piano dell’Ospiteria, durante un momento di silenzio del ritiro, quelle parole: «Io non sono la cucina», «io non sono il lavoro» hanno ridato vita ai miei passi, che sono diventati passi nuovi alla mia vita di fraternità.
Questa estate, in Brasile, stavo rileggendo la vita di santa Teresina in portoghese, e mi sono accorto ancora una volta di quanto sia liberatrice la sua visione dei desideri, che ribalta completamente l’accettazione, tra-sformandola in desiderio. La spiego male, ma se desidero una cosa, anche la più nobile, ma questa non avviene, rimarrò deluso; se invece accolgo ogni cosa che viene da Dio come fosse la cosa desiderata, sarò felice di riceverla, qualunque essa sia.
E la preghiera «Signore, sia fatta la tua volontà, dacci le grazia di riconoscerla e la forza di compierla» ha aperto la strada per un altro incontro con Dio, un incontro ricco di libertà, di pace non richiesta, ma accolta, di desiderio di camminare a piedi nudi, di vedere quello spettacolo che ci attende, vedere il fuoco di un Roveto che non si consuma.

Dentro l’Arsenale della Speranza, di lacci ce ne sono davvero pochi, la scarpa nazionale del Brasile è lo chinelo, le nostre ciabatte infradito, e non è solo una questione economica ma culturale.
Liberi, comodi, senza lacci, affrontiamo la vita a piedi nudi, diretti e trasparenti, semplici perché non abbiamo perso il contatto con la terra, anzi se possiamo togliamo anche lo chinelo.
Se penso quanto costano le scarpe da calcio professionali e quanti uomini di strada fanno “numeri pazzeschi” a piedi nudi, mi viene da ridere… eppure l’incontro con l'Alto ci insegna proprio questo, dobbiamo togliere qualcosa, spogliarci delle nostre strutture e camminare a piedi nudi.


Alberto Brigato
NP dicembre 2022

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