Milano: Primavera di riconciliazione

Pubblicato il 11-08-2012

di Andrea Gotico

A cura della redazione - Due parole chiave per un nuovo inizio. Basilica Sant'Ambrogio Milano, presentazione di "Per una chiesa scalza".

 
 
Milano, chiostro di Sant'Ambrogio, una sera di giugno. Ragazzi, ragazze, coppie giovani con figli al seguito invadono il prato, impegnati in quel che sembra essere un picnic estivo. Altri giovani predispongono tutto intorno tavoli di legno. Una porta si apre, poi un'altra, schiudendo al sole già caldo ambienti antichi di storia. Siamo nel cuore di Milano, dove fede e politica si mischiano da sempre; le vecchie mura che hanno accolto nei secoli cittadini e contado, ricchi e poveri, questa notte vedono mille giovani e adulti radunati insieme per ascoltare Ernesto Olivero, il fondatore del Sermig di Torino e la storia del suo "Per una Chiesa scalza".

«Sono curioso di sapere le novità - esordisce mons. Erminio De Scalzi, l'abate della Basilica - Ti ricordi Ernesto, quando venivi a trovare il card. Martini? Erano gli anni '80, allora ero il suo segretario e ci raccontavi i primi passi dell'Arsenale della Pace. Ho già letto "Per una Chiesa scalza": per me è un mosaico bellissimo in cui i volti e le storie sono uniti in un racconto appassionato che ci fa intuire quale deve essere la Chiesa oggi». «Sono di Assisi e ho imparato da Francesco cosa significhi farsi scalzi sul cammino di pace di Dio - aggiunge Marco Tarquinio, il direttore di Avvenire - Sono qui perché voglio bene ad Ernesto e so che anche lui me ne vuole. E questo mi dà forza. Oggi c'è bisogno di persone come lui e i suoi amici, persone che normalmente non fanno notizia. Eppure raccontano di gesti che cambiano il mondo, dimostrando che c'è molta più gente che vive e costruisce la pace di quello che sembri. Esiste una vita alta altrove, la realtà non sono solo le bombe di cui si parla quotidianamente sui giornali».

Dopo tocca a Matteo Spicuglia, giornalista, aprire il giro delle domande/risposte. La storia degli inizi del Sermig, la trasformazione avvenuta in Ernesto e i suoi tramite "l'imprevisto accolto" che di anno in anno portava richieste di nuovi sì alle povertà del momento, donne da aiutare a non abortire, carcerati senza più radici né prospettive, uomini la cui casa era la strada, accompagnano le due e più ore dell'incontro. «Ogni volta che ripenso alla nostra storia, penso con gratitudine a Chi l'ha pensata. Dio a chi mette in cuore i sogni? Li mette dove vede una disponibilità. Ecco perché questa sera dico a molti di voi giovani: datevi a Dio. Quando siamo nati, le abbiamo prese da tutti, destra e sinistra, perché rifiutavamo di schierarci. Ma noi non volevamo avere nessuno dietro, ci bastava avere qualcosa dentro». Ernesto è un fuoco di fila di suggestioni, incoraggiamenti, esortazioni.

L'ascolto è commosso. Parla con il cuore, e si vede. Come quando parla del suo grande amico gesuita, dom Luciano Mendes De Almeida, vescovo brasiliano: «Il suo insegnamento era concentrato in una parola: "servire". Come quando parla della restituzione: È stata la nostra rivoluzione culturale. Dire il Padre Nostro significa riconoscerci fratelli con tutti, neri, gialli, musulmani, ebrei, significa capire che tutto ci è stato donato, e siamo chiamati a restituirlo. Parole che fanno eco a Sant'Ambrogio: Non è del tuo avere che fai dono al povero. Tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti».

Per ultima, la domanda di una ragazza. «Noi giovani siamo attirati dai piaceri temporanei del presente: come facciamo ad impostare il nostro futuro alla luce della verità?» «Sono molto meravigliato dei giovani che si spinellano, che non capiscono che facendo così diventano amici della mafia, mafiosi loro stessi, mentre dovrebbero urlare, arrabbiarsi contro la mafia. Io ai miei figli ho sempre detto che le cose più importanti della vita sono credere in Dio e diventare bravi cittadini. Facendo così diventiamo delle belle persone. Noi giovani possiamo avere la forza morale di affermare che è possibile agire nella legalità. Non è un sogno. Io credo in una primavera di onestà, in una primavera di riconciliazione. E non importa ritrovarsi sotto qualche sigla, Sermig o altro. Le sigle dovrebbero sparire, la gente dovrebbe dire di noi: sono semplicemente cristiani. Oggi il mondo ha bisogno di cristiani». Ecco, la Chiesa scalza è così: semplicemente cristiana.
a cura della redazione
 
 
 
 

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