Memoria di un dono

Pubblicato il 06-01-2024

di Cesare Falletti

Ho già parlato della Costituzione conciliare sulla liturgia, a me particolarmente cara. Oggi voglio ritornarvi per sottolineare alcuni aspetti che riguardano l’eucaristia, la sua celebrazione e la partecipazione dei fedeli alla sua celebrazione. Non sono “novità”. La teologia non cambia, ma i tempi nuovi e un lungo processo, durato almeno tutta la prima metà del XX secolo, hanno fatto sì che la coscienza della propria partecipazione alla celebrazione abbia preso una nuova forza. Non ancora completamente maturata, a mio avviso.

Il primo aspetto da notare è che la Chiesa è interamente presente in ogni Eucaristia e la riunione dei fedeli non è un essere insieme ciascuno per conto suo in una intima presenza col proprio Signore, ma è un popolo intero, chiamato, invitato secondo le varie parabole evangeliche, dal suo Signore, per vivere con lui la redenzione del mondo, il mistero pasquale, l’amore trinitario che si apre per accogliere ogni persona umana, di cui i battezzati presenti sono il segno. Insieme si vive ciò che è essenziale nell’eucaristia: il dono che il Signore Gesù fa di sé per la salvezza di tutti.
I fedeli e i ministri celebrano e stanno davanti al loro Dio e redentore che li conduce a vivere come “lode e gloria” di Dio, come dice san Paolo, e si offre al Padre per la salvezza di tutti, riconciliando l’uomo col suo creatore.

Tutti sappiamo che eucaristia significa “azione di grazie” e che quindi è una lode. Si è sottolineato, fino al Concilio, l’aspetto sacrificale, che indubbiamente è presente.
Ma si è dimenticato, con i segni della celebrazione a bassa voce e con il celebrante che dà le spalle ai fedeli, il dovere di vivere lodando e ringraziando il Signore per l’infinito dono delle salvezza. Oggi, con la recitazione ad alta voce delle varie preghiere eucaristiche, talvolta in parte cantate, si rende partecipe l’assemblea celebrante alla grande lode e al grande ringraziamento dei fedeli, a nome di tutta l’umanità a cui è data la salvezza. Nel prefazio della preghiera eucaristica IV si dice: «Insieme con loro anche noi, fatti voce di ogni creatura» per sottolineare quanto ogni fedele è unito a tutta l’umanità redenta e da redimere.

Con un Amen solenne ci si unisce e si fa propria la preghiera che il celebrante ha recitato a nome di tutti. Da un atteggiamento di adorazione personale e intima si è passati alla lode e al ringraziamento di tutto il Corpo di Cristo riunito per celebrare la risurrezione e la vittoria sulla morte. Dio ha fatto tutto per l’umanità e l'incarnazione del Verbo e la sua Pasqua di morte e risurrezione sono l’apice di questo dono, sigillato dalla venuta dello Spirito santo: non dobbiamo dimenticarlo e la celebrazione della messa è la memoria di tutto il dono. Memoria che non è solo ricordo nostalgico, ma presenza attuale di tutto ciò che il Signore fa per noi. Se ricordarlo, accoglierlo e viverlo con lui è un dovere, è anche la sorgente della bellezza della nostra vita. Per questo nella liturgia attuale postconciliare si sta di più in piedi che nella precedente, perché il ricordo dell’opera divina, che ci ha resi dei viventi, è celebrato nella lode.

Questo grande servizio del Signore (o liturgia) è per noi sorgente di gioia, speranza e vitalità e diventa servizio al mondo, rendendo attuale nella Chiesa il Corpo di Cristo immolato sulla Croce e risorto dando la vita ai morti e sconfiggendo la morte. Per questo non dobbiamo mai tralasciare il “servizio della lode”, che è insieme unione alla gloria di Dio e comunicazione di vita e di gioia al nostro mondo da sempre martoriato e assunto dalla carne di Cristo torturato e ucciso sulla croce. La sua bontà ci apre un orizzonte di gioiosa speranza e una sorgente di amore in un mondo immerso nelle tenebre dell’odio.
 

Cesare Falletti
NP novembre 2023

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