Che cosa posso fare io?

Pubblicato il 07-03-2024

di Cesare Falletti

Un mondo nuovo sta uscendo da quelle fitte tenebre in cui siamo avvolti

Un anno nuovo si apre e l’augurio che ci si rivolge è quello di un anno di pace, in cui la volontà di bene prevalga in tutti i cuori, da quelli di coloro che tengono le redini del mondo a quelli nascosti nelle pieghe della terra, alla massa che non ha voce. Sì, ancora una volta questo è l’augurio ed è la cosa che più fa prendere coscienza della povertà, della debolezza, dell’impotenza dell’uomo qualunque, dei cittadini che ogni mattina ricominciano a percorrere la strada verso il loro lavoro o verso la ricerca di un lavoro.

Gente che lotta fra speranza e disperazione, fra il desiderio di impegnarsi e la sfiducia, fra il credere a quello che si dice e si promette, e il dubitare di tutto, fra il rifugio nell’ignavia e la coscienza del proprio dovere. Siamo tutti coscienti che sul libro della storia si sta girando una pagina, una come altre delle tante che sono state già girate, ma proprio questa coscienza, se vogliamo davvero prenderla sul serio, suscita in noi la tentazione della fuga, del chiudere gli occhi.

Un compito troppo grande per ciascuno di noi. «Che ci posso fare?» Siamo un corpo in cui da ogni minuscola cellula può partire un flusso vitale che irriga tante altre cellule e il corpo prende nuova vita. Sì, un mondo nuovo sta uscendo da quelle fitte tenebre in cui siamo avvolti, tenebre di odio, di guerra, di assassinii, di affamati e di affamanti, di sfruttamento e di ignoranza.

Tenebre in cui scorrono lacrime che attendono una semplice piccola luce per poter brillare e illuminare il mondo. Ogni lacrima ha una grande capacità di assorbire e riflettere la luce e questa piccola luce è nelle mani di tutti, di ciascuno; quelle mani non devono essere chiuse, non devono diventare impermeabili, né casseforti che conservano il tesoro solo per pochi. Lasciare scorrere fra le dita pugnetti di una sabbia apparentemente sterile, ma che ciascuno può far diventare semi pieni di vita che rendono un giardino il deserto. È la promessa di Dio nell’Antico Testamento: il deserto fiorirà.

La grande tentazione di tutti i tempi è quella di adattarsi, vivendo nel marcio e non cercando più la parte buona, la parte che può rigenerarsi e rigenerare il mondo. Siamo chiamati a lottare, noi piccolissime cellule, non solo per non essere attaccate dal cancro, ma anche pronte a dare continuamente una parte di noi, sana, per rigenerare ciò che sano non è più. Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, dice il Vangelo. E noi quanto lo amiamo? Quanto siamo pronti a dare di noi per dire il nostro amore?

La vita, che abbiamo ricevuta, è una miniera di bene inestinguibile, la cui ricchezza si rigenera continuamente se vogliamo continuare a scavare e dare ciò che ne tiriamo fuori. Si guadagna perdendo: è un concetto evangelico, ma che si sperimenta anche se non si conosce il Vangelo. D’altra parte la vita che nasce e cresce è sempre frutto di una madre che perde ciò che portava in sé e apparentemente solo per sé. Il seminatore deve rischiare di perdere ciò che ha se vuole un giorno raccogliere il cento per uno.

Chiamati a costruire un mondo nuovo, ad aprire una nuova umanità, non otterremo niente se non siamo disposti a perdere: un anno si apre davanti a noi e aspetta da ciascuno di noi il dono di una grande ricchezza fatta di coraggio, genialità, bontà, speranza e pazienza, e di tutto ciò che rende bello il mondo. Tutto questo è nelle nostre mani, anche se tante volte non ne siamo coscienti, forse perché nessuno ci aiuta ad accorgercene, o perché abbiamo paura di aprire gli occhi per vedere la luce o l’orizzonte. Spesso questo orizzonte si presenta velato dalla polvere che si alza dalla terra scossa dalle bombe, da una inimicizia che rifiuta la soluzione del perdono, della rinuncia a ciò che si vuole tenere stretto fra le mani, ma che prima o poi sempre svanirà.

La pace invece, che nasce da una volontà che vede il luogo da cui sorge la luce, non svanisce, cadendo a terra si moltiplica, buttata via invade; ha una capacità di portare la vita e la gioia, la serenità che non sospettiamo neanche. Se solo abbiamo il coraggio di porre la pace sul tavolo della discordia riusciamo a rendere a questo mondo, che piange, il sorriso.

Cesare Falletti

NP Gennaio 2024

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