Maria portatrice di vittoria
Pubblicato il 30-09-2023
Le origini dell’icona bizantina sono davvero antiche, infatti la sua immagine è stata ritrovata anche su monete e sigilli bizantini a partire dal V secolo.
Quanto alla datazione dell’icona stessa è difficile essere precisi, ma oggi si concorda sul fatto che sia decisamente anteriore al X secolo.
Oggi è esposta nella basilica di san Marco a Venezia nella cappella omonima di sinistra. Raffigura la Madre di Dio Nicopeia ovvero “Colei che porta la vittoria” e sembra proprio essere l’icona che, secoli fa, a Costantinopoli era custodita gelosamente nel palazzo imperiale e che aveva accompagnato re e imperatori in diverse battaglie, come segno di devozione a Maria e invocazione del suo aiuto e protezione da parte dello stesso esercito.
La Madre di Dio Nicopeia era infatti la patrona dell’Impero bizantino, ed era molto venerata anche dalla gente. La sua stessa immagine era riprodotta sulle porte della città e possiede una lunga storia di racconti ed episodi miracolosi che le sono attribuiti.
Per ringraziarla, i bizantini nella preghiera liturgica la invocavano anche come Madonna “Vincitrice” e “Indomabile”.
Rimase nella capitale imperiale fino alla quarta crociata quando fu presa dai veneziani (1204) come bottino di guerra e portata in trionfo nella capitale veneta, dove fu accolta come co-patrona della città. Anche a Venezia godette per i secoli successivi di una grande venerazione, presso il popolo e gli stessi patriarchi.
Se la guardiamo da vicino ci accorgiamo che anche lo sfondo consumato tutt’intorno e le erosioni della superficie sul corpo del Bimbo ci parlano della sua storia: per secoli è stata arricchita a più riprese di perle, gioielli e pietre preziose di grande valore, che vi rimasero applicate fino al XX secolo quando fu oggetto di diversi furti. Quella che vediamo oggi quindi è un’icona antica, spogliata delle varie applicazioni e anche visibilmente consumata, ma che mantiene o forse esprime ancor meglio il fascino di una bellezza fatta di semplicità. Infatti appartiene a un modello iconografico tra i più antichi e semplici, come più semplice è il suo nome: Colei che porta il Bambino, ovvero “Madre con il Bambino”.
Maria è dritta come in piedi ma ripresa a mezzobusto e tiene tra le mani il figlio, il quale secondo i canoni consueti che abbiamo già incontrato e spiegato, aveva quasi certamente la mano destra benedicente, e la sinistra con il rotolo della Parola, segni del suo essere Signore santissimo e Maestro. Il maphorion (manto) di Maria è di colore blu scuro, colore dell’immensità di Dio, indica la grazia di cui è rivestita, e i capelli sono raccolti in una mitella bianca di tipo imperiale. Oltre alle tre stelle cruciformi sulla fronte e le spalle che stanno a indicare la presenza trinitaria in lei e la sua verginità perpetua, si scorge una stella simile anche nella tunica sottostante il manto. Il volto è di una grande bellezza, e come il figlio guarda fuori dall’icona: guardano entrambi il Padre, segno della stessa amorevole attenzione che hanno entrambi ad ascoltare, amare, compiere in pieno la sua volontà.
Nella sua essenzialità questa è quindi anche l’icona che più rappresenta l’unità e la comunione completa tra Dio e la sua creatura, in quanto Maria è colei che ha compiuto in se stessa la piena volontà del Padre, con tanto amore e pienezza da essere scelta da lui come madre per suo figlio. Oggi questa icona diventa per noi la testimonianza silenziosa della presenza di Maria e di Gesù nella vita di generazioni di persone che, “usandola” e onorandola, come uno strumento per rivolgersi a loro, hanno dimostrato una fede semplice, ma forte, una fede che orienta e dà senso alla vita in tutti i frangenti, con gli strumenti e la comprensione che ha, ma che desidera e cerca l’amore, la vicinanza, la protezione invincibile di Dio, in tutte le situazioni, anche le più contraddittorie.
Oggi, spogliata dei suoi gioielli, parla ancora, ci invita a cercare Dio e ci rassicura che il bene ha già vinto.
Chiara Dal Corso
NP giugno / luglio 2023