La trasfigurazione

Pubblicato il 30-10-2023

di Chiara Dal Corso

È la fede che permette di riconoscere il volto di Dio

Tra le splendide tavolette di Novgorod del XVI secolo, vale la pena soffermarsi sull’icona della trasfigurazione. Uno dei modelli e temi più complessi dell’iconografia, ma il cui significato più profondo è in realtà molto semplice. Rappresenta l’episodio del vangelo narrato in tutti e tre i sinottici (Mt 17,1-8, Mc 9,2-13, Lc 9,28-36) in cui Gesù prende con sé i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, li porta in disparte, su di un alto monte, e li fa assistere alla sua “trasfigurazione”. Il significato originale di questa parola lo troviamo nel sostantivo greco che indica questo evento: metamorphosis, che letteralmente non vuol dire “cambiare forma”, ma “andare oltre la forma”.

Gesù non si trasforma, ma si mostra agli apostoli come realmente è. Sono i loro occhi a cambiare, ad aprirsi in modo da vederlo pienamente come Egli è in verità, cioè nell’eternità, fuori dallo spazio e dal tempo, vestito di luce e sfolgorante come un sole. Ed è tanto vero che si trova nell’eterno, che appaiono anche due uomini, definiti come Mosè ed Elia, appartenenti alla storia passata di Israele, che rappresentano la legge e i profeti, cioè tutta la sacra scrittura, tutta la Parola di Dio rivelata prima di Gesù, a conversare con lui.

I tre apostoli, come dice il vangelo, sono presi da un gran sonno che chiude i loro occhi e percepiscono la voce del Padre da una nube di luce, indicazione che richiama la nube che ha guidato il popolo di Mosè nel deserto. Nell’icona, Giacomo e Giovanni sono rappresentati a testa in giù, con le mani sugli occhi per indicare la grandezza dell’evento cui sono ammessi: un salto che la fede fa fare, un salto che li mette sottosopra, li fa finire interiormente “a gambe all’aria” … ma perché? Quello che vedono è una visione di gloria, è uno squarcio, una apertura sul cielo (come è rappresentato dalla mandorla azzurra dietro di Gesù) che ribalta la loro comprensione del mondo, delle cose, degli eventi. Solo Pietro riesce, anche se in ginocchio, a guardare verso Gesù, grazie alla sua fede che l’ha già riconosciuto come il Cristo, il Figlio di Dio, come è scritto nei versetti precedenti a questo episodio.

È infatti proprio la fede che ci permette di riconoscere Cristo nella sua identità vera, di entrare nel suo mistero, di comprendere le Parole e l’amore del Padre e quindi di ricevere quella capacità di guardare la vita, le cose che esistono, gli avvenimenti che ci accadono, le stesse sofferenze e dolori, la nostra storia personale, secondo la luce di Dio e la sua logica. La luce di amore che viene dall’eternità svela il senso profondo di tutte le cose, dà speranza anche nel dolore e ci toglie ogni paura, la paura degli uomini, la paura di soffrire e la paura della morte.

Gesù sa che presto inizierà la sua passione e che sarà un dolore insostenibile per i suoi discepoli, uno scandalo per le umiliazioni e le violenze che riceverà, e con questo evento vuole aprire le menti e i cuori degli apostoli a Lui più vicini per fargli comprendere che la realtà eterna, che la sua vita, la sua gloria, la potenza del suo amore esistono già oltre la morte, oltre la nostra vita terrena, oltre quello che vedranno poi. Ci sarebbe ancora molto da scrivere, ma è meglio fermarsi a guardarla un po’ in silenzio, chiedendo al Signore che ci illumini con la sua luce taborica, perché possiamo comprendere quello che ancora ci vuole comunicare.

Chiara dal Corso

NP Agosto-Settembre 2023

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