I piccoli fanno cose grandi

Pubblicato il 29-11-2022

di Valentina Turinetto

Pochi giorni fa ricorreva il 53° anniversario del primo sbarco sulla Luna. Nessuna cifra tonda da festeggiare in modo particolare; forse pro-prio per questo motivo è stato possibile dare maggior risalto al ricordo di personaggi che possono sembrare “secondari” agli occhi di molti. Tutti sicuramente ricordano i nomi di Armstrong e Aldrin che, con la missione Apollo 11, misero per la prima volta piede sulla luna. Pochi forse ricordano i nomi di Michael Collins e Margaret Hamilton.
Collins entra alla storia per non essere sbarcato sulla superficie del nostro satellite: il suo compito, infatti, era quello di restare in orbita, in attesa del rientro degli altri due astronauti. Si trovava nel modulo di comando Columbia, sopra al lato nascosto della Luna, tagliato fuori dalle comunicazioni radio con la Terra, con il modulo lunare Eagle e i suoi compagni di viaggio. Cosa avrà vissuto in particolare Collins? Dalle interviste che ha rilasciato traspare soprattutto il suo stupore: lui, forse più di altri, aveva presente che anche un piccolo imprevisto avrebbe potuto bloccare la missione, far fallire l’avventura e magari farlo rientrare da solo sulla Terra. Invece… tutti i tasselli finirono per combaciare, anche grazie a lui. Non si lamentò mai di essere un personaggio dietro le quinte, consapevole di avere un ruolo comunque fondamentale: recuperare i due compagni di viaggio e riportarli a casa.

Decisiva fu anche Margaret Hamilton: a capo di un team di programmatori informatici al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, venne incaricata con il suo gruppo di scrivere il software di volo per i computer dell’Apollo 11. Dobbiamo sforzarci di pensare alla tecnologia di oltre 50 anni fa (basti pensare che i due computer di bordo avevano una memoria pari a un milionesimo di quella a disposizione di un comune smartphone) e immaginare la flessibilità che doveva avere il programma per affrontare problemi non prevedibili prima del lancio della missione. Insomma, un’impresa per niente facile.

Tra le innovazioni inserite nella progettazione del programma, vi era quella di poter interrompere compiti secondari in caso di emergenza e dedicare tutte le risorse di calcolo e memoria a quelli prioritari. Inoltre un’altra novità è stata quella di sfruttare il suono come indicatore di allarme: se il programma funzionava correttamente produceva un determinato suono, diversamente indicava che erano presenti delle anomalie. Queste innovazioni risultarono fondamentali per evitare un grave pericolo poco prima dell’atterraggio: a causa di un errore umano, un interruttore fu posizionato in modo scorretto. Grazie al software disegnato dal gruppo della Hamilton, il problema fu subito riconosciuto e furono attivate le procedure di ripristino, che permisero il corretto atterraggio e il proseguimento della missione.

Nei grandi avvenimenti, come nella vita quotidiana, è importante avere uno sguardo sull’insieme degli eventi per riconoscere il contributo di ciascuno. I piccoli possono fare cose grandi: il valore del loro operato non cambia, noto o nascosto che sia. Ricordare è utile per incoraggiare tanti altri “piccoli” a continuare a fare “il loro pezzetto” di bene.


Valentina Turinetto
NP agosto / settembre 2022

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