In cammino verso la Pasqua (1/7)

Pubblicato il 13-03-2011

di Giuseppe Pollano

Le beatitudini: statuto della felicità - di Giuseppe Pollano - È essenziale cogliere il messaggio delle beatitudini, la grande intelligenza di Gesù sulla nostra felicità, come un messaggio della presenza di Dio.


Il termine beato nel greco biblico è macarios, felice, e contiene una grande forza. È la felicità di Dio. Essere beati allora significa essere imbevuti della perfetta beatitudine di Dio.


la felicità non appartiene all’uomo, ma a Dio

Susan Lordi, HappinessLa fede e la speranza dicono, a noi cristiani, che la felicità è possibile; ci dicono anche che, dopo questa vita, c’è quella felicità che ha il pregio di essere eterna.
Gesù ci ricorda un’altra cosa importante: la felicità non appartiene all’uomo, ma a Dio. Oggi la parola felicità è adoperata a proposito e a sproposito. La felicità non appartiene all’uomo, ma soltanto al suo sogno, al suo desiderio, o, meglio ancora, al suo destino. Il destino dell’uomo è Dio, e solo Dio. Noi cristiani dobbiamo essere realisti, cioè essere certi che, con tutto ciò che possiamo trarre dalla nostra umanità, anche dalle cose più belle e più soavi, non saremo mai felici appieno. Possiamo adoperare la parola felicità, ma ricordandoci e avvertendoci a vicenda che nulla di ciò che in noi è umano e che possiamo umanamente scambiarci ci renderà felici di quella sostanziale felicità che non è legata a ore, a giorni, ad un avvenimento: infatti sappiamo che c’è una sola, autentica felicità, la felicità divina, e che siamo felici nella misura in cui assaggiamo, assaporiamo e prendiamo parte a quella felicità.


l’illusione della felicità costruita da se stessi

Contemplando Gesù, guardando Dio in faccia, possiamo già fare esperienza, anche in questa vita, che la radice della felicità è Dio. Questa consapevolezza ci fa vivere con gratitudine, gioia, semplicità, senza cadere nell'illusione e nella delusione di chi pone il proprio sogno di felicità dove non può mettere radici e presto si dissecca.
L'ateismo più diffuso oggi è quello di protesta. C'è una canzone di un giovane cantautore che dice:

  Io non posso dirvi come è nato il mondo,
  io non posso sapere come finirà.
  Io non ho idea di chi sia stato il primo uomo,
  ormai ad Adamo ed Eva non credo più.
  Quando sono nato sono stato battezzato
  da un prete vecchio e grasso e forse un po’ pelato.
  Io con quello shampoo come tutti sono entrato
  in quel gruppo di seguaci della religione di stato.
  Quand'ero piccolino e non capivo niente
  mi hanno detto che Dio è buono, è saggio, è onnipotente;
  adesso, che su tutto è prevalsa la ragione,
  adesso che qualcuno mi ha dato un'istruzione,
  io posso dirvi con sicurezza l'unica mia certezza:
  Dio se c'è buono non è.
  Partendo dal generico fino al particolare
  cominciate a dirmi perché ha creato il male,
  perché tanti bambini sono nati handicappati.
  Se lui è così buono, perché li ha creati?

  (Yuri, 18 anni – canzone trasmessa dalla radio svizzera nel 1990)

Disabile in carrozzinasQuesta canzone è un'espressione molto diffusa di quell'ateismo di protesta che rivendica il diritto alla propria felicità. Avendo dimenticato, per caduta della fede e anche per superbia di cuore, che Dio è Dio e avendo preteso (è l'antico peccato) di costruire da noi, con le nostre mani, la beatitudine, che invece è sua, ci troviamo terribilmente delusi e altro non abbiamo da fare che puntare il dito contro Dio e dirgli che ci ha traditi, perché questa vita non ci rende felici. È molto saggio pertanto credere con umiltà che non saremo mai felici con le nostre risorse umane.


come interpretare le beatitudini

Per cogliere il messaggio delle beatitudini dobbiamo fare attenzione a non farne una lettura distorta. Se ci fermiamo alla prima affermazione, cioè pensare che i poveri in spirito sono beati appunto perché sono poveri in spirito, così i miti, gli afflitti..., ci troviamo in una contraddizione: io sono mite, ma non mi sento affatto felice.
In realtà le beatitudini non ci dicono questo, ma al contrario confermano che la felicità è legata a Dio, per cui ci dicono:

  Beati quelli di cui è il regno di Dio
  Beati quelli che avranno la consolazione che è Dio stesso
  Beati quelli che saranno stabiliti da Dio nella loro terra
  Beati quelli che saranno saziati da Dio con se stesso
  Beati quelli che troveranno la misericordia di Dio
  Beati quelli che vedranno Dio
  Beati quelli che saranno figli di Dio
  Beati quelli di cui è il regno di Dio
  Beati quelli che saranno ricompensati da Dio


Interpretare le beatitudini accentuando la categoria umana (poveri in spirito, afflitti, miti, ricercatori di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati, credenti), che pure è essenziale, ci sbilancia, perché essere poveri, miti, afflitti… non è detto che ci dia la felicità, è soltanto la strada per arrivarci. È come se io dicessi “Beato te che hai un'automobile veloce, perché così arrivi là in un'ora”: l’importante in questo caso non è avere una macchina veloce, ma arrivare in un’ora e non in un anno!
Antonio Trifoglio, Le beatitudini La lettura delle beatitudini se non accentua Dio come causa di felicità ci fa perdere il senso della rivelazione: intuiamo che la felicità è bellissima, ma al momento della prova non riusciamo a verificarla, e allora la trasferiamo a dopo la morte, dandole un'interpretazione escatologica errata in quanto il tempo viene diviso dall'eternità, smentendo la realtà che Dio è già con noi, che abbiamo già la sua beatitudine in noi perché possediamo Cristo e il suo Spirito.
Se il filo che ci lega a Dio rimane teso, ci può accadere di tutto, ma niente avrà più il potere né di deluderci, né di farci disperare, conosceremo già la beatitudine di Dio nell’oggi e non saremo degli infelici o tristi come tutti quelli che si consolano pensando che un giorno o l'altro Dio ripagherà di tutto.
Dio è vicino, nulla potrà mettersi tra lui e noi; anche se la giornata portasse dei problemi, sentiremo che Dio conserva in noi la beatitudine, malgrado tutto e tutti. Gesù è stato un uomo che pur andando alla croce ha conosciuto la felicità del Padre e ce l’ha trasmessa.
Come sarebbe bello se nella nostra vita, di fronte alla sofferenza, potessimo con molta franchezza dire le parole giuste del vangelo, con quella serenità e gioia che, venendo da Dio, non offende i sofferenti! Chi soffre è offeso dalle nostre consolazioni banali. Dobbiamo rispettare la sofferenza. Una persona che ha dentro di sé la certezza che Dio è buono, che veramente è la gioia, riesce ad avere quella semplicità, quella delicatezza, quel qualcosa in più per cui chi soffre potrà dire che è stato avvicinato da una persona che lo ha confortato.


da sé l’uomo è infelice

Questo saldissimo statuto della felicità spiega e giustifica anche la disperazione di chi non lo accetta: da sé l’uomo è infelice e l'uomo che non accetta Dio è destinato ad essere disperato. Non c'è una via di mezzo. Se non è disperato del tutto, è solo perché non se ne accorge ancora. Infatti, specialmente nel secolo scorso, i geni in umanità che non erano cristiani hanno patito spesso altissimi gradi di disperazione. C’è una fascia media di gente, la gran parte, che vive delle cose piccole, che va avanti senza rendersene conto. Ma i più acuti hanno capito benissimo che la vita è sinonimo di disperazione. Dobbiamo avere il coraggio sereno e fraterno di annunciarlo. “Dio è venuto in terra per farti felice, ma sappi che se non lo incontri, prima o poi ti troverai profondamente infelice”.


le condizioni che ci impongono le beatitudini

Le beatitudini però non si limitano a dirci di stringerci a Dio, di mettere Dio al primo posto, ci pongono anche delle condizioni reali che tutte hanno in comune, il non appoggiarsi su se stessi:

  essere poveri nell’anima
  ammettere l’afflizione
  accogliere la mitezza come comportamento
  coltivare il desiderio della giustizia
  esercitare la misericordia
  operare per la pace
  accettare la persecuzione per la giustizia
  conservare la rettitudine dell’intenzione
  aspettare Dio come ricompensa.


Tali comportamenti escludono pertanto, in un modo o nell’altro, che il soggetto umano sia egemone.

Association Life of Jesus Mafa, Le beatitudiniIl messaggio delle beatitudini è traboccante di intelligenza sull'uomo, su come va capito l'uomo e va capita la vita. Beati noi se la nostra società riuscirà poco per volta ad accettare questi criteri come criteri umani. Spesso anche noi cristiani li accettiamo come una pagina sublime, ma non ancora propriamente come criteri intelligenti per vivere. Eppure è lì che bisogna arrivare. Dobbiamo accettare i consigli di Cristo, per essere felici.

Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok