Dialogo per la pace

Pubblicato il 01-08-2022

di Cesare Falletti

Ciò che è opposto viene superato con intelligenza per un qualcosa di più grande e profondo, che si manifesta nell’ascolto reciproco.

Da quando sono nato, all’inizio della Seconda guerra mondiale, si è sempre stati sulla soglia di una nuova guerra. Tante ne sono scoppiate, a volte lontane a volte più vicine, alcune sono state evitate per un pelo. Eppure penso che non ci sia persona umana che non tema il dolore e le ferite di una guerra e non sia cosciente di quanto lungo sia curarle. E forse non esiste nessuno che alla vista delle conseguenze di una guerra non ne rimanga scosso e colpito, almeno per un attimo.

Nella sua intervista a Che tempo che fa papa Francesco ha parlato anche della guerra e dell’urgenza della pace. Cerchiamo di ricordare quelle parole così incisive e importanti: «C’è come un antisenso della creazione, per questo la guerra sempre è distruzione». L’uomo chiamato a costruire e far esistere, ha cominciato ben presto a distruggere. Lo vediamo già in Caino che uccide il fratello Abele all’inizio della Bibbia. La guerra non è solo un momento, folle, di odio e di distruzione, il peggio è che lascia ferite difficili da sanare.

Arrivando in Francia, trent’anni dopo la guerra, sono stato colpito da quanto nella gente esistesse ancora un forte risentimento contro i tedeschi, mentre era già ben avanzato il processo di una Europa unita. E questo è un male più forte dei bombardamenti. Eppure, anche dove non ci sono armi e distruzioni di cose, formicolano delle guerre fra persone, fra famiglie, fra popolazioni, che alla lunga portano alla rovina più di tanti conflitti eclatanti. Faide familiari che durano per delle generazioni. La tragedia di Giulietta e Romeo ne è una denuncia in un capolavoro letterario. La morte assurda e totalmente cieca miete vittime innocenti.

Ho trovato, leggendo, una frase di un importante autore palestinese, popolo che della guerra e delle sue disastrose conseguenze ne sa qualcosa, che può aiutarci a camminare in una riflessione apportatrice di pace: «La vera pace è un dialogo fra due versioni: non imponetemi la vostra e non vi imporrò la mia». Il dialogo richiede che si abbiano due versioni diverse, anche se non necessariamente opposte. Non c’è dialogo fra due persone che la pensano esattamente alla stessa maniera, anzi il rischio è che ci sia plagio. Il dialogo arricchisce e fa progredire l’umanità in umanità proprio perché, ciò che sembrava essere opposto e oggetto di scontro, viene superato con intelligenza per un qualcosa di più grande e profondo, che si manifesta non nell’avere la stessa opinione, ma nel lasciarsi interpellare da qualcosa che non era ancora apparso e che rende più vicine alla verità le due opinioni. La pace nasce in questo terreno arato dal dialogo e non bruciato dallo scontro.

Darwish, l’autore della frase, aggiunge: «Tutti devono aver il diritto di raccontare la propria storia» e dalla storia di ciascuno si può capire cosa sta dicendo. Se non c'è ascolto della storia personale non ci può essere comprensione della ragione per cui l’altro parla e agisce, allora ci si barrica sulla propria storia e non c’è via d’uscita dal conflitto.

Se c’è un diritto, c’è necessariamente un dovere, che è quello di ascoltare, accogliere la parola come una cosa che mi interessa, mi riguarda, e non basta un ascolto garbato in cui non vi è nessuna apertura e nessuna accoglienza di una ricchezza che mi è offerta. Il primo a esserne impoverito è colui che si trincera in questo atteggiamento: perde la possibilità di visitare spazi e di fare incontri che portano una grande ricchezza ed è una ricchezza che non chiede di essere difesa e quindi può generare la pace. Nella stessa intervista il papa ha parlato della «cultura dell’indifferenza. Io guardo da un’altra parte e non tocco. O guardo a distanza». Il cammino della pace è una grande arte e ne conosciamo tutti l’urgenza.

Cesare Falletti

NP Marzo 2022

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