Tempo scuola

Pubblicato il 17-10-2022

di Gabriella del Pero

Il rapporto degli studenti con la vita tra i banchi. Conferme e qualche sorpresa…

Il tempo libero per sé pare essere concepito da alunni e studenti come tempo liberato dalla presenza di qualcuno (insegnanti) o qualcosa (regole, orari)

Anno scolastico terminato, scuole chiuse, alunni in vacanza. Ho provato a chiedere ad alcuni di loro che significato hanno queste tanto attese vacanze, come le trascorrono, come le immaginano o le vorrebbero. Mi è sembrato che molti si stupissero della domanda (tutto sommato inutile, dal momento che le vacanze possono avere solo significato positivo…) e quindi mettessero in dubbio il mio reale interesse per la loro risposta.

Pochissimi hanno riflettuto qualche istante prima di accennare anche alla noia, alla ripetitività scontata delle giornate estive trascorse a “fare niente” o alla mancanza della presenza quotidiana dei compagni. La maggioranza ha confermato l’idea della chiusura della scuola come fonte principale del senso di “liberazione” provato, come alla fine di un brutto spavento, o di una grave malattia, o di un incubo. Ma davvero la scuola è solo questo? Qualcosa di cui è ovvio desiderare spasmodicamente la fine il più presto possibile? Un’esperienza tanto terribile da essere sopportata solo in vista della sua conclusione?

Forse dovremmo tutti interrogarci sul senso e magari anche sull’autenticità di questa immagine “scontata” che i nostri bambini e ragazzi dipingono come (quasi) unica possibile. Tra l’altro potremmo chiederci se e quanto tutto ciò derivi dall’immagine che noi adulti probabilmente diamo del nostro rapporto con il lavoro (e… con le ferie!).

«Le vacanze sono sempre troppo corte, invece la scuola è lunghissima», dice Davide, 7 anni. «Nelle vacanze posso fare quello che voglio, mentre a scuola si deve sempre fare quello che vuole la maestra», aggiunge Alessandra, 9 anni. «E poi per andare a scuola bisogna alzarsi prestissimo, invece io dormo fino a tardi quando siamo in vacanza». «A me piace scegliere cosa fare e quando farlo e soprattutto quanto usare il cellulare… tutte cose impossibili a scuola!» (Benedetta, 13 anni). «Finalmente in vacanza potrò stare connessa con le mie amiche tutto il tempo che mi pare!» (Sofia, 14 anni). «Quando vado a scuola non ho mai tempo per i videogiochi, invece in vacanza sì!» (Carlo, 6 anni). Dunque in vacanza cambia completamente la concezione del tempo e l’idea stessa di esserne i padroni. Il tempo manca tanto. Manca a tutti, anche ai più piccoli, evidentemente. Siamo sballottati da un’incombenza all’altra e ci portiamo dietro la sensazione di non avere mai il tempo sufficiente per fare ciò che desideriamo davvero.

Il problema del tempo ci insegue ogni giorno. Ma è proprio un problema senza soluzione? «Chi dice non ho tempo, vuole avere tempo per tutto. Bisogna decidere di non avere tempo per tutto» (Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose). Questo vuol dire però operare delle scelte ed essere di conseguenza disponibili a rinunciare a qualcosa. Inoltre il “tempo libero per sé” pare essere concepito da alunni e studenti principalmente come “tempo liberato dalla presenza di” qualcuno (insegnanti) o qualcosa (regole, orari) che impedisce o almeno ostacola le scelte personali di ciascuno.

La scuola è quindi essenzialmente sentita come luogo di negazione della libertà individuale? Non sempre. In una recente intervista, è stato chiesto a una ragazza diciottenne che frequenta un istituto tecnico che cosa si aspettasse da chi insegna: «Noi vogliamo dei prof che sappiano dire anche dei no, ma questi no devono essere chiari, spiegati e condivisi». Come dire che gli adolescenti sanno di avere bisogno di limiti dati da adulti seri e coerenti, capaci di motivare le proprie richieste e l’eventuale imposizione di regole senza reticenze e ipocrisie né atteggiamenti troppo condiscendenti.

Ascoltiamoli.

Gabriella Del Pero

NP Giugno Luglio 2022

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