La cura delle parole

Pubblicato il 17-08-2022

di Gabriella del Pero

L’allarme si fa sempre più pressante e i numeri continuano a salire: ogni giorno le richieste di cure per adolescenti in grave crisi, in preda ad ansia e depressione, con ritiro sociale e interruzione della frequenza scolastica, disturbi alimentari e dipendenza dai vari mezzi tecnologici, aumentano vertiginosamente. Le famiglie sono sempre più disorientate e confuse, cercano aiuto ovunque e spesso confessano di non sapere più cosa fare. Il disagio post-Covid dei nostri ragazzi sta emergendo con evidenza dappertutto.

È solo conseguenza della pandemia? Probabilmente no: forti segnali di preoccupazione c’erano anche prima (come del resto abbiamo spesso denunciato dalle stesse pagine di questa rivista negli ultimi anni), ma è indubbio che il Covid ha fatto peggiorare e poi venire allo scoperto forme di sofferenza che prima erano sotto traccia, più o meno contenute e arginate dalle famiglie e dalle varie agenzie educative da sempre impegnate con i più giovani.

Chi aveva già un equilibrio precario ha sofferto moltissimo, ma anche chi sembrava star bene manifesta ora segni di forte stress. Il problema è che purtroppo a tutto questo si sta aggiungendo nelle ultime settimane l’angoscia derivante dagli atroci resoconti e dalle raccapriccianti immagini della guerra in Ucraina, che quotidianamente giungono sui nostri schermi. Tutti noi proviamo paura e sgomento, anche perché percepiamo con chiarezza quale grave minaccia sia quel conflitto per la sicurezza di tutta l’Europa. Più o meno velatamente temiamo che la generazione di alcuni di coloro che governano il mondo voglia proprio far di tutto per distruggerlo e perderlo definitivamente.

Questo clima di tensione e di precarietà si sta trasformando in un altro trauma collettivo, che va a sommarsi a quello appena vissuto – e nient’affatto concluso – della pandemia. Che fare? È oggi più che mai fondamentale il lavoro “di rete”, fare squadra, unire le forze: qualunque adulto ruoti intorno all’adolescente può infatti avere un ruolo determinante per la sua salute. È importantissimo che si moltiplichino le iniziative – di qualsiasi genere – che vadano nella direzione dell’ascolto, della comprensione e dell’accoglienza di tanta fragilità e sofferenza psichica dei nostri ragazzi.

Un esempio? Ho letto alcuni giorni fa che l’Associazione culturale FulgineaMente di Foligno, molto attiva in Umbria nella ricerca e nella promozione di nuovi scrittrici e scrittori, l’anno scorso ha promosso un concorso letterario nazionale rivolto a studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Ecco il titolo: “Sotto il segno del Covid: la vita, l’amore, la scuola, la famiglia, l’amicizia al tempo della pandemia”. I molti testi dei ragazzi pervenuti all’associazione sono poi stati pubblicati in un volume edito dalla Casa Editrice Bertoni di Perugia. Si tratta di una raccolta di 101 racconti brevi e brevissimi scritti da adolescenti: incoraggiati dagli insegnanti, essi hanno colto l’occasione per dare voce alle loro emozioni e raccontare come è cambiata la vita di ognuno durante la fase del primo lockdown. Il concorso è stato vinto da una studentessa di Ascoli Piceno, che ha immaginato di scrivere una lettera ai quindicenni del futuro, quelli che studieranno sui libri di storia quanto è accaduto nel mondo negli anni 2019-2020.

Una piccola iniziativa nata da una buona, anzi ottima idea, cioè quella di offrire a una vasta platea di persone la possibilità e lo stimolo giusto per applicare una delle tecniche di “autocura” più diffuse e antiche del mondo: la profonda rielaborazione delle esperienze vissute sulla propria pelle attraverso la scrittura, la narrazione, la parola.
Efficace per molti.


Gabriella Delpero
NP aprile 2022

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