Sviluppo e potenzialità dell’uomo

Pubblicato il 16-08-2022

di Giorgio Ceragioli

Partendo dalla constatazione che la miseria assume nel Terzo mondo aspetti molto gravi e dall’esigenza che gli attuali poveri siano meno diseredati, sul versante politico si insiste di più verso la ricerca di giustizia, sul versante umano sulla felicità o sulla fratellanza. Perciò una risposta potrebbe essere: in questi anni ci si è interessati allo sviluppo perché si vorrebbe che l’umanità nelle sue componenti più povere fosse più felice. Dare una maggiore felicità ai poveri del Terzo mondo è presumibilmente [una risposta] sbagliata o, perlomeno, incerta perché non è giustificata fino in fondo dall’analisi dei fatti. Non sappiamo affatto se una persona del Terzo mondo con speranza di vita di 35 anni sia più o meno felice che morendo a 60. Non sappiamo affatto se quel bambino che abbiamo salvato dalla morte per fame avrà una vita felice. Ritengo cioè che il parallelo tra felicità e sviluppo non sia documentabile e sufficientemente oggettivo per giustificare con sicurezza il perché dobbiamo interessarci al problema dello sviluppo.

Io suggerirei una motivazione, che parte dalla volontà che ciascun uomo possa realizzarsi completamente, che non è detto voglia significare essere felici. Mi pare che in questo modo si possa trovare un aggancio abbastanza significativo con la necessità di impegnarsi per lo sviluppo, perché lo sviluppo dà oggettivamente una serie di possibilità di realizzazione dell’uomo che il non sviluppo non può dare. Il fatto di vivere fino a 80 anni e più, allora, non è detto che renda la persona più felice, ma certamente consente una maggiore potenzialità di vita, permette di portare avanti un ciclo biologico, di sperimentare tutte le finalità per cui in qualche modo vive o – per chi è credente – per cui è stato creato. La motivazione che stiamo cercando potrebbe perciò formularsi così: ci stiamo interessando e impegnando per lo sviluppo, perché lo sviluppo è necessario all’uomo per poter fare emergere tutte le sue potenzialità quantitativamente e qualitativamente.


Giorgio Ceragioli
da “Progetto” (ora “NP”), 1992, n. 4

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