Di gioventù e di follie

Pubblicato il 10-06-2023

di Guido Morganti

Sono stato nel gruppo redazionale di Progetto – NP dal gennaio 2008 in occasione dei 30 anni – sin dagli inizi. 45 anni per me ben spesi! Mi hanno aiutato e mi aiutano a crescere, a maturare, a formarmi quotidianamente. Allora non c’era ancora l’Arsenale della Pace e la sede del Sermig era ancora quella che il card. Pellegrino ci aveva permesso di utilizzare, in Via Arcivescovado 12. Le riunioni redazionali avvenivano nella bellissima sacrestia collegata alla chiesa di Via Arsenale, e da quando non l’abbiamo avuta più a disposizione, in casa dell’uno o dell’altro.

Chiaramente non avevamo a disposizione le strumentazioni tecniche di oggi. Ad esempio io seguivo, insieme ad altri, la fase di redazione, di impaginazione e di stampa. Rigorosamente nei primi anni per gli articoli si usava la macchina da scrivere per facilitare in tipografia la lettura e la composizione con i caratteri a piombo, successivamente in tipografia sono passati dal piombo ai nastri perforati (mi ricordo ancora quella striscia rosa perforata!) e solo dopo è iniziato l’uso dei programmi di scrittura usando i primi pc che avevano regalato all’Arsenale della Pace. In tipografia ormai erano passati ai macchinari dotati di sistemi elettronici di controllo e i tipografi potevano utilizzare dei file scritti in linguaggio adatto. Non bastava quindi portare i floppy disk da 8 pollici con gli articoli, ma bisognava farli “tradurre” con un programma adatto.

Finalmente si è poi arrivati al dialogo diretto tra redazione e tipografia. La stessa odissea anche per l’impaginazione. La tipografia ci consegnava le strisce, che dovevamo tagliare per sistemarle incollate sul menabò, e per le foto si dovevano calcolare e indicare i tagli e le dimensioni. Anche qui fino a che non si sono fatti vivi i programmi elettronici per impaginare. Parlando ancora con gli amici con cui si faceva questo lavoro, lo ricordiamo con molta simpatia. D’altronde lavorare insieme diventa fonte di amicizia e rispetto sempre più avanzati.
La decisione del Sermig di avventurarsi in un mensile era chiaramente una “follia”, ma anche una diretta conseguenza della “lotta attiva e contemplazione” impastata nel mondo propria del Sermig.

Nell’articolo di presentazione della rivista sul primo numero ho rivissuto lo spirito iniziale, che secondo me si è mantenuto e arricchito. Ora ne farò uso. Tante le follie da affrontare.
Il non utilizzare la pubblicità per finanziarci, puntare sul volontariato e sulla collaborazione gratuita di giornalisti ed esperti. «Per essere totalmente libero non ha dietro di sé padroni, ma cerca solo amici leali e generosi, che condividano la stessa fiducia nell’uomo, la stessa speranza nel futuro». Cogliere il positivo, quindi puntare anche sulla cronaca bianca, sul bene che c’è, per farlo dilagare insieme nella convinzione della validità dell’aforisma cinese che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce, quindi una scelta alternativa a quella di puntare su notizie, situazioni e fatti che stuzzicano la pancia. Il mettere a disposizione il nostro vissuto, «dall’incontro con personaggi famosi a quello con tanta gente comune, con tanti miseri del mondo, prendendo coscienza delle ingiustizie che li opprimono e impegnandoci nel combatterle».

L’offrire uno strumento con cui confrontarsi nella convinzione che si può crescere solo lavorando insieme, facendo emergere i valori che guidavano la nostra azione: continuare a sperare, dire la verità, voler attuare la giustizia, essere la voce dei deboli… «La rivista vuole essere uno strumento, umile e coraggioso, da mettere in mano a tutti. Giovani e anziani, intellettuali e gente del popolo, credenti e non credenti… perché tutti siano coinvolti in questa esaltante avventura: fare un mondo nuovo». «La rivista punta su un nuovo di umanità: intende contribuire a idearlo e realizzarlo, attraverso il confronto con tutti e il concreto impegno di azione».
Ecco ancora una volta che fa capolino “lotta attiva e contemplazione” o, meglio, “contemplazione e lotta attiva”.

Verità e amore i condimenti degli articoli. «Il discorso di Progetto sarà sempre chiaro, franco, anche duro quando sia necessario, capace di denunciare il male dovunque esso si annidi, senza mai scendere al compromesso. La sua critica però non tenderà a distruggere, ma invece a costruire».
Il passaggio dalle 24 pagine iniziali alle attuali 64 può essere anche interpretato che per NP non è il tempo di chiudere, ma di continuare a percorrere quella strada di rivista alternativa di informazione e di partecipazione per cui è nato, con i segnavia che si possono riassumere ne “la bontà è disarmante”.
Per ricordare i 45 anni mancano due componenti essenziali: la direzione e la redazione di Progetto.

Teniamo presente che la spinta ecclesiale dovuta al card. Pellegrino aveva arricchito la già viva partecipazione della vita diocesana e messo ulteriormente in movimento molte sensibilità. Sicuramente Giorgio Ceragioli e Ernesto Olivero erano due punte, in due settori diversi. Diversi ma complementari che hanno anche permesso al Sermig di camminare approfondendo e allargando i suoi orizzonti. Restituzione, mondialità, non violenza, passione per la vita e la sua dignità, speranza tecnologica, stimolo alla partecipazione, cocciuta convinzione di rendere attuali e attuabili gli obiettivi “escatologici” di un nuovo mondo alimentato dalla pace e dalla giustizia… hanno portato Giorgio e Ernesto a decidere di iniziare insieme, almeno per un primo periodo, l’avventura di Progetto, prendendosi la responsabilità della direzione. Giorgio ci ha aiutati fino al numero di novembre 1979, quando ha lasciato la condirezione, pur continuando la sua necessaria e profetica collaborazione attraverso la continuità di suoi articoli e rubriche, poiché i suoi svariati impegni non gli permettevano di seguire con continuità e passo passo Progetto.

Riguardo alla redazione l’elenco riportato nel primo numero di Progetto raccoglie tutti gli amici che facevano parte del Sermig, proprio per evidenziare che la follia che stava per iniziare era condivisa e voluta da tutta la comunità. Peccato che non c’è una foto di gruppo, ma i visi, il tempo passato insieme, l’amicizia rafforzata sono indelebili. E gli amici con cui 45 anni fa abbiamo iniziato l’avventura di Progetto e che non ci sono più, come Giorgio Ceragioli, Pierino e Franca Grossetti, Irene Mathis, Cecilia Quattroccolo, Gino Michieli, Lino Vidiri e Maria Olivero, lasciano nel cuore un grande senso di gratitudine.
 

Guido Morganti
NP marzo 2023

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