Un ritorno difficile

Pubblicato il 27-11-2021

di Gabriella Delpero

All'inizio mi era parsa una considerazione affrettata e senza troppo fondamento, ma col passare delle settimane ho trovato più di una conferma: alcuni dei nostri ragazzi non hanno per niente gradito il rientro a scuola in presenza, né il poter nuovamente uscire di casa e incontrare di persona i coetanei, né il non essere più obbligati ad indossare la mascherina all'aperto, né tante altre opportunità, segnali di un graduale (anche se necessariamente prudente) ritorno alle abitudini di vita pre-Covid. Com'è possibile? Eppure da mesi sembrava non desiderassero altro o per lo meno non si parlava d'altro, a tutti i livelli… Invece per qualcuno il recente quasi-ritorno alla normalità è stato decisamente difficile, faticoso, ed ha fatto emergere in tutti gli altri più di un interrogativo.

Ma allora la pandemia, con le restrizioni dei contatti interpersonali, ci ha davvero cambiati "dentro" così tanto da esserci dimenticati come si fa a stare là fuori?
Ci ha cambiati così profondamente da non desiderare nemmeno più di uscire dalla nostra casa-rifugio-prigione?
È dunque troppo rischioso provare ad abbandonare quello stato di precarietà, solitudine ed incertezza in cui siamo stati sprofondati per un tempo che ci pareva infinito? In effetti un ragazzino che nei mesi scorsi frequentava con successo la terza media, dopo essere rimasto a casa per intere settimane (giustificato dai genitori e tacitamente approvato dagli insegnanti) per preparare nel modo più approfondito la tesina scritta da portare all'esame di licenza, il giorno della prova d'esame non si è proprio presentato alla commissione, confessando di non farcela assolutamente a lasciare il rassicurante ambiente domestico e di sentirsi terrorizzato dall'idea di esporsi al contagio sedendosi davanti ad un gruppo di adulti incaricati di porgli delle domande.

Troppo pericoloso, insomma, e sotto tutti gli aspetti. Meglio lasciar perdere.
E la mascherina? Troppo pericoloso toglierla all'aperto? Per alcuni giovanissimi si potrebbe forse ipotizzare che nei mesi scorsi indossare la mascherina sia stato liberatorio, quasi un modo per sentirsi tutti più "uguali", per sottrarsi agli sguardi troppo diretti, per non percepire gli occhi dei grandi puntati nei propri, per sentirsi più inaccessibili e quindi più difesi. E naturalmente per chi aveva difficoltà a rapportarsi con i suoi pari certo la mascherina dava la possibilità di nascondere ogni espressione del volto, di dissimulare al meglio ogni emozione e sentimento. Per non parlare della didattica a distanza, che per alcuni ha improvvisamente rappresentato una "soluzione", un vero toccasana, far parte di una classe senza doversi recare a scuola, vedere e (volendo) non essere visti, fingere di partecipare e poter pensare ad altro, oppure partecipare senza darlo ad intendere, parlare o tacere, esserci o non esserci… Quante insperate possibilità di ritiro, di allontanamento da un ambiente sentito come difficile o di negazione dei propri personali problemi di relazione col prossimo! Davvero tanti modi per lanciare dei messaggi al mondo di cui si fa parte, come sventolare una bandiera per rivendicare qualcosa, per far notare che c'è un bisogno importante. Questi messaggi vanno riconosciuti, raccolti e presi sul serio. Così si potrà cercare insieme di fare i conti con se stessi, con le proprie incertezze, con le proprie paure, per conoscersi un po' meglio, un po' più a fondo. Per ripristinare un sufficiente equilibrio e poi provare ad uscire tutti allo scoperto, così come si è. E riappropriarsi della vita là fuori.


Gabriella Delpero
NP agosto / settembre 2021

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