Le biglie blu

Pubblicato il 03-07-2022

di Sandro Calvani

Nell’agosto 1972, partecipai a un progetto di volontariato in un villaggio presso Laisamis, nella regione di Marsabit nel nord del Kenya. Per arrivarci da Nairobi ci volevano nove ore di viaggio in auto.

Nella casa dei missionari della Consolata a Nairobi trovai un numero del New York Times (NYT) del 2 aprile 1972 che presentava un rapporto rivoluzionario sul futuro dello sviluppo, pubblicato dal Club di Roma nel marzo 1972. Chiamato The limits of growth cioè I limiti dello sviluppo, il rapporto voluto da Aurelio Peccei (1908-1984) lanciava un messaggio semplice: o la civiltà o la crescita sregolata devono finire, e presto.
La continua crescita sregolata esaurirà i minerali del mondo e inonderà la biosfera con livelli fatali di inquinamento e di conflitti: «Se le attuali tendenze di sviluppo continuano invariate, i suoi limiti saranno raggiunti entro i prossimi cento anni». Al centro della ricerca c'era la visione di Peccei, un geniale dirigente d’impresa torinese: i problemi dell'umanità – danni ambientali, povertà, cattiva salute endemica, degrado urbano, criminalità e mancanze di etica globale – andavano visti come correlati tra loro in modo olistico. La recensione del NYT, che io lessi viaggiando in uno dei villaggi più poveri al mondo (e che ho ritrovato in questi giorni), stroncava quel rapporto con un drastico: «Allora la Terra è kaput? Un'opera vuota e fuorviante, con conclusioni arbitrarie che vogliono sembrare scientifiche. Gli autori hanno messo spazzatura nei loro calcoli e ne è uscita altra spazzatura». Avevo letto il rapporto prima dell’estate, e fui molto colpito dal livello di arroganza menefreghista del NYT.

Ne parlai ad alcune amiche infermiere nel villaggio di Tuuru. Mi risposero: «Una cosa è certa: tu e noi possiamo impegnarci per dare un contributo allo sviluppo equo, oppure possiamo infischiarcene come suggerisce quel giornale americano». Il rapporto ha poi venduto 30 milioni di copie in più di 30 lingue, diventando così il libro ambientale più venduto della storia dell’umanità e una vera pietra miliare delle visioni sulla globalizzazione.
Il 7 dicembre 1972 la NASA pubblicò Blue Marble, un’immagine della Terra presa dallo spazio. Divenne una delle immagini più riprodotte nella storia, che dimostrava in modo indiscutibile che quel piccolo puntino blu era davvero molto limitato.
Nel marzo 2022, siamo a metà di quei 100 anni di speranza previsti dal Rapporto del Club di Roma per la salvezza del genere umano, che vive su quella piccola biglia blu.

Nel 2019, visitai a Pechino una scuola Montessori. I bambini giocavano per terra con delle biglie blu. Ogni biglia colpita da un’altra perdeva e usciva dal gioco. Quando ne restava solo una, i bambini cambiavano gioco: dovevano tirarsela con cura senza farla mai cadere. «Così imparano quanto è preziosa una risorsa molto scarsa», mi disse la maestra: «Se ce n’è solo una, l’unico gioco possibile è custodirla tutti insieme».


Sandro Calvani
NP marzo 2022

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