L’anno della verità

Pubblicato il 26-03-2023

di Paolo Lambruschi

Nel 2022 l'Africa è tornata al centro dell'interesse delle grandi potenze. Cina, Russia e Stati Uniti sono interessate a riaffermare le proprie sfere d'influenza e ad accaparrarsi le risorse sopra e sotto il suolo di cui è ricco il grande continente, non certo a favorirne lo sviluppo. Ecco perché, se da una parte la competizione pacifica per acquisire rapporti commerciali può avere risvolti positivi, dall'altro è difficile che al popolo arrivino grandi benefici.

Da oltre dieci anni la Cina è diventata il secondo partner commerciale dell'Africa dopo l'UE, sorpassando gli Stati Uniti. La Cina vuole portare anche in Africa il grande progetto della nuova Via della Seta e ha coinvolto nel settore privato aziende di ogni dimensione e in quello pubblico ha investito non solo nei Paesi più ricchi di risorse – Nigeria, Guinea Equatoriale, Namibia e Sud Africa – ma anche in quelli più poveri, come Eritrea, Etiopia, Uganda, Sudan e Kenya. Cosa interessa davvero ai cinesi? La terra. L'Africa è l'unico angolo del pianeta ad avere ancora milioni di ettari di terreni arabili ancora non sfruttati. Sono spesso usati come forma di pagamento da Stati intrappolati nel debito contratto con i cinesi per la costruzione di infrastrutture. La Cina, al momento, è lo Stato con più abitanti al mondo (circa 1,4 miliardi). Il cosiddetto land grabbing in Africa è strategico per garantire sicurezza alimentare alla propria immensa popolazione. A farne le spese sono i nativi africani, spesso costretti a sloggiare dalle terre vendute.

La Russia invece ha ripreso i vecchi rapporti dei tempi della guerra fredda e ha mandato i mercenari della Wagner corporation in Cirenaica, la Libia orientale, dove può controllare il flusso di migranti verso l'UE. Altro punto strategico per il controllo dei flussi è il Mali, dove i russi hanno preso il posto dei francesi. In questi anni hanno inviato mercenari in Sudan, Mozambico e Repubblica Centrafricana. Ai russi interessa il mercato delle armi: la Russia è diventata il principale fornitore di armamenti del continente africano e detiene la metà del mercato africano, più del doppio di Cina e Stati Uniti. L’Algeria, alleato dagli anni ‘60 è in cima alla lista dei maggiori clienti seguita dall’Egitto.
A metà dicembre gli USA hanno organizzato un vertice a Washington con i capi di 49 governi africani segnalando un ritorno d’interesse dopo il distacco di Trump. L’amministrazione Biden ha promesso di investire 55 miliardi di dollari in Africa in tre anni e di stringere rapporti commerciali con l’area di libero scambio in via di costruzione nel continente.

Lo stesso Biden ha anche annunciato che effettuerà, nel 2023, la prima visita di un presidente americano in Africa sub-sahariana da dieci anni a questa parte, ma non ha specificato dove andrà e quando. Gli Stati Uniti hanno promesso che sosterranno una maggiore rappresentanza africana nelle istituzioni internazionali, come il G20 e il Consiglio di sicurezza dell’ONU. La guerra d’Ucraina e l’avanzata della Cina hanno insomma risvegliato l'interesse americano. Del resto attraverso la Fondazione Obama le diaspore africane sono state molto coinvolte nell'amministrazione Biden. E l'Europa? Se per le questioni dei migranti e l'approvvigionamento energetico gli approcci sono stati bilaterali, lo scorso febbraio si è tenuto un vertice UE-Unione Africana dove Bruxelles ha lanciato un pacchetto di investimenti da 150 miliardi di euro per la transizione energetica. L'UE ha ribadito la volontà di restare primo partner commerciale e ha concordato che il destino dei due continenti è comune a patto di uscire dalla logica neocoloniale e dell'assistenzialismo. Il 2023 sarà l'anno della verità per capire che direzione prenderà la storia africana.


Paolo Lambruschi
NP gennaio 2023

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