Virus on the air

Pubblicato il 20-05-2020

di Pierluigi Conzo

Anche l'inquinamento tra i fattori di diffusione del Covid. I risultati di una ricerca.

 

L’iniqua distribuzione geografica del virus in Italia fa riflettere. Considerando che, come alcuni autori sostengono, il virus circolasse in Italia ben prima della scoperta dei primi casi, perché il COVID-19 si è diffuso soprattutto in alcune province del nord? Eppure i treni ad alta velocità e gli aerei collegano la penisola in poco tempo: flussi sterminati di pendolari o di viaggiatori si muovono – meglio, si muovevano – ogni giorno tra le province italiane. In una ricerca condotta con i colleghi L. Becchetti e G. Conzo dell’Università di Roma “Tor Vergata” e F. Salustri dell’Università di Oxford, ho provato ad analizzare alcuni fattori che, sulla base di studi pregressi, potrebbero aver giocato un ruolo importante per l’eterogenea diffusione del virus nel paese. 

 

I principali fattori che analizziamo – preesistenti all’avvento del virus – sono, per il momento, cinque. Innanzitutto, ci sono molti studi medici che dimostrano l’esistenza di una forte correlazione tra qualità dell’aria, ed in particolare presenza di inquinamento sotto forma di particolato. Secondo questi studi, l’esposizione prolungata ad agenti inquinanti indebolisce gli alveoli ed i polmoni, rendendo le persone più vulnerabili ad infiammazioni dell’apparato respiratorio e a polmoniti. Il Covid-19 sembra, appunto, manifestarsi in queste modalità. Pertanto aree più inquinate, come per esempio alcune province della pianura padana, del nord-ovest e del nord-est, potrebbero aver ospitato più facilmente il virus. Uno studio realizzato da colleghi di Harvard su circa 6000 contee degli Stati Uniti, poco prima del nostro, riscontra un’associazione positiva e significativa tra esposizione precedente alle polveri sottili, contagi e decessi per coronavirus. 

 

Il secondo fattore che analizziamo, sempre sulla base di studi pregressi, è la temperatura: sembra che il virus prediliga aree più calde ed umide. Dati descrittivi sembrano avallare questa ipotesi se guardiamo al divario nord-sud in Italia e quello tra Madrid e altre regioni della Spagna; similmente secondo l’OMS, al 27 Marzo 2020, il paese in Africa con il più alto numero di contagi è il Sud Africa (con clima mediterraneo), seguito dall’Algeria, mentre in altri paesi ci sono solo pochi casi di trasmissione importata.

Il terzo fattore è la presenza di imprese artigiane sul territorio. I datori di lavoro e gli imprenditori delle piccole imprese vivono in un ambiente molto competitivo con una protezione sociale ridotta. Nella maggior parte dei casi sono fornitori di grandi aziende ed hanno spesso scarso potere negoziale nella filiera, che si traduce in peggiori condizioni del credito commerciale. Inoltre, le microimprese e le imprese artigiane sono in una proporzione più elevata nel settore manifatturiero, con minori opportunità di convertire le loro attività in smart working. Le piccole imprese potrebbero avere una propensione relativamente inferiore a fermarsi durante l'epidemia, proprio a causa del maggior rischio di conseguenze economiche avverse. Inoltre, le province con un ambiente economico particolarmente vibrante vivono anche più transazioni e interazioni sociali. Entrambi questi fattori potrebbero essere correlati con una maggiore diffusione del virus.

 

Il quarto fattore preesistente al virus che prendiamo in analisi riguarda la mobilità e la densità poiché queste caratteristiche provinciali possono aumentare le chances di interazione sociale e quindi la diffusione del virus. 

Infine, prendiamo in considerazione la struttura demografica del virus includendo nell'analisi la percentuale di residenti di età superiore ai 65 anni, poiché questa fascia d'età ha dimostrato di essere più vulnerabile al virus. Tra altre caratteristiche demografiche provinciali, abbiamo deciso anche di studiare se la presenza della comunità cinese in Italia possa essere associata alla diffusione e alla mortalità del virus. Province con maggiore presenza di cinesi potrebbero anche aver avuto maggior scambi socio-economici con la Cina prima dello scoppio del virus. Indipendentemente dalla veridicità di questa ipotesi, sta di fatto che i cinesi in Italia sono stati spesso oggetto di discriminazioni durante i primi giorni dell'epidemia di Covid-19, sotto forma di violenza fisica e verbale (anche da alcuni esponenti politici). Il nostro studio mira a studiare l’importanza relativa di questi fattori in termini di diffusione del virus (casi positivi, dati della Protezione Civile) e mortalità (dati dell’ISTAT). Inoltre, in via preliminare, abbiamo valutato anche se i lockdown decisi prima autonomamente dalle province e poi a livello centrale abbiano giocato un ruolo per la diffusione del virus. 

 

Prima di descrivere i risultati, occorre chiarire che quello che la nostra analisi statistica mette in luce sono correlazioni tra fenomeni, per esempio qualità dell’aria e diffusione del virus. Non siamo, in questa fase, ancora in grado di stabilire un nesso causale che vada dall’uno all’altro; inoltre ci sono molte questioni legate a possibili errori di misurazione nelle variabili di contagio e mortalità che usiamo. 

Ad ogni modo, i risultati preliminari mostrano che i fattori che giocano un ruolo importante sono principalmente la qualità dell’aria e la presenza di imprese artigiane. Il virus sembra diffondersi più velocemente e fare più vittime in province con valori relativamente alti di PM10 e PM2,5 e con poco verde urbano per abitante, pertanto confermando l’ipotesi di un possibile collegamento tra esposizione pregressa ad inquinamento e vulnerabilità al virus. Inoltre, il virus sembra aver trovato terreno fertile in province con più elevata concentrazione di microimprese ed imprese artigiane, probabilmente per la maggiore attività umana legata a queste attività e al fatto che queste ultime sono difficilmente convertibili in smart work. Inoltre, riscontriamo una correlazione negativa tra decisioni di lockdown diffusione del virus: se questa correlazione implicasse anche un nesso di causalità, i risultati suggerirebbero che il lockdown sembra essere stato efficace a ridurre il contagio, anche se al 6 Aprile 2020 non sembra ancora aver avuto effetti sulla mortalità. 

 

Se le correlazioni osservate fossero interpretabili in modo causale, cosa su cui stiamo lavorando, ci sarebbe una buona notizia: possiamo far qualcosa per costruire società più resilienti a shock pandemici di questo tipo. Come? Se guardiamo alle polveri sottili, a livello regioanle, queste sono prodotte per la maggior parte da riscaldamento domestico, seguito poi da allevamenti intensivi, trasporti e produzione industriale. Occorre quindi mettere l’ambiente ed il benessere della comunità al centro della ripartenza, ad esempio premiando maggiormente le imprese nelle aree più colpite che fanno investimenti “green”, stimolando mobilità sostenibile e l’efficientamento energetico, incentivando lo smart working affiancato a politiche per la riduzione del divario tecnologico e per la conciliazione lavoro-famiglia. E soprattutto occorre farlo subito: non si può rimandare il benessere delle persone ad una fase 3, 4, o 5.

 

Vedi il focus Riflessioni in tempo di Covid 19

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