Uno sforzo creatore

Pubblicato il 15-09-2023

di Renato Bonomo

Per capire quanta strada è stata fatta bisogna ricordarsi da dove si è partiti e delle tappe che sono state affrontate.
La cultura e la formazione permanente sono temi su cui il Sermig ha cominciato a riflettere ben prima dell’arrivo dell’Arsenale, ma è proprio all’Arsenale che hanno trovato un luogo straordinariamente importante per la loro diffusione e crescita.

UN PROGETTO FOLLE
Una tappa importante è stata la nascita del mensile Progetto nel 1978.
Nel primo editoriale (n. 1, 1978, pp. 2-3) si parlava di una rivista nuova, diversa, alternativa perché «dietro a Progetto non c’è l’economia, ma invece la “follia”». Non potentati finanziari, ma un gruppo “folle” che pensava che era giusto condividere con tanti altri la propria «visione della vita, il suo impegno per la realizzazione di un mondo più giusto, la sua voglia di continuare a sperare e ad amare».
Ma in che cosa consiste quella idea di una cultura “folle”? «Continuare a sperare, dire la verità, voler attuare la giustizia, essere la voce dei deboli, far sì che non vi siano più nel mondo né ricchi né miserabili, far coesistere la libertà e uguaglianza». In più, un’altra follia: fare una rivista totalmente gratuita, senza pubblicità con la sola restituzione culturale di amici che condividono lo stesso desiderio di pace. Progetto «non ha dietro di sé dei padroni, ma cerca solo amici leali e generosi, che condividano la stessa fiducia nell'uomo, la stessa speranza nel futuro; che scrivano e diffondano la rivista senza altra ricompensa che la buona coscienza di lavorare per una causa giusta e la gioia di una sincera amicizia».
Da allora l’idea forte rimane quella di ancorare la nostra formazione a una cultura che nasce dal contatto diretto con la vita delle persone, che si impasta con le loro storie.
Una cultura, attenta ai segni dei tempi, che ha il desiderio di conoscere e leggere la realtà per promuovere azioni di solidarietà e di bontà che possano cambiare l'orizzonte in cui viviamo. Certamente la denuncia del male, dell’ingiustizia, della guerra, della sopraffazione sono fondamentali, ma da sole non bastano. La cultura “folle” riesce a credere alla «vita che nasce nuova ogni giorno» ed è capace di «cogliere il positivo presente anche nel nostro tempo». Per questo motivo non può ridursi a pura e semplice contemplazione, ma deve radicarsi nel proprio tempo, capire come esso si dispiega e operare per suggerire cambiamenti a favore della vita dei più poveri, dei giovani, di chi ha bisogno.
La cultura è sempre uno sforzo creatore che richiede molta originalità e disponibilità, è uno stimolo continuo a fare il bene, a renderlo pubblico, a motivare le persone e offrire loro orizzonti di speranza.
Tutto ciò è “folle” in un tempo come quello attuale che sembra suggerire inattività e omologazione e ci spinge a considerare l'impegno personale come totalmente inutile.
Abbiamo bisogno invece di comprendere che il nostro contributo – minimo ma reale – può cambiare la realtà in cui viviamo, soprattutto se è capace di allearsi con quello degli altri. Allora la cultura può esprimere ed essere il senso della vita. Come ci ha insegnato dom Luciano che ripeteva sempre: «Posso aiutare? Posso servire?».

CONSUMARE I GRADINI DEI SAGGI
Con questo spirito l’Arsenale è diventato casa non solo di solidarietà, ma anche di cultura: il campanello che suona, l’umanità che bussa, l’incontro con tanti amici buoni ci hanno indicato vie nuove da esplorare, come quella dell’Università del Dialogo che nasce dal “dubbio”.
Amici credenti e non credenti ci hanno indicato il dubbio come «la via attraverso cui ci interroghiamo sul senso della vita, il desiderio di “consumare i gradini dei saggi”. Il dubbio non è fine a se stesso, né un pretesto per sfuggire davanti al rigore della verità, non è nemico della certezza: è nemico dell’odiosa indifferenza » (Statuto Università del Dialogo, 2001). La cultura diventa così un metodo per affrontare un problema e trasformarlo in un'opportunità.
Soprattutto quando parliamo dei giovani e con i giovani.

CULTURA CHE DIVENTA STORIA
Ma come si fa? La risposta sta nella mentalità che si allena a trovare il bene e il bello per offrire uno sguardo nuovo sul mondo e generare ricadute di pensiero e impegno per il tessuto sociale e civile in cui siamo inseriti. Uno sforzo “folle” che non si esaurisce e si rinnova perché i problemi assumono connotati sempre nuovi. In questa “follia” non ci siamo sentiti mai soli; è doveroso ringraziare tutti i testimoni e i maestri che abbiamo incontrato nella nostra vita. Con alcuni di loro, come Giorgio Ceragioli, abbiamo sempre sentito l’intima esigenza di sentirci allievi, che hanno imparato a mantenere lo sguardo aperto e una mentalità disponibile ad ascoltare coloro che sembravano avere delle ragioni importanti da mostrarci.
«Ma queste sono veramente delle follie o non sono piuttosto valori in cui non si vuole più credere?».
 

Renato Bonomo
SPECIALE: Un Arsenale che parla
NP giugno / luglio 2023

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