Sobrietà: Antidoto alle logiche di mercato.

Pubblicato il 15-08-2012

di Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina - Oggi è atteggiamento invocato, ma anche esorcizzato, persino sbeffeggiato. Si tratta della sobrietà. Sul piano degli stili di vita, dovrebbe mettere le ali ad un’esistenza che non si lascia zavorrare dalle cose, dagli istinti, dalle bassezze. Certo, si entra così, con la sobrietà, su un territorio etico, in cui interrogarsi sul ben-essere, cioè sulla possibilità di dare dignità piena alla vita propria e degli altri, senza finire asserviti alla sete di potere, di denaro, di successo, di visibilità, di capricci. Ma affascina e conquista questa sobrietà, mentre troppi sono gli input che incentivano gli eccessi?

Difficile ragionare in controtendenza, chiedendo innanzitutto a se stessi una essenzialità trasparente, a fronte di una società sovraccarica di consumi, di superfluo, di banalità, di sprechi… Quando eravamo giovani, una spinta intrigante in questa direzione aveva il sapore contestativo di rompere con gli schemi, di dare una svolta ideale, di praticare una certa profezia o utopia, sperando in un mondo più giusto, più equo, più vivibile. Ora ci si ritrova invece in mezzo ad un mare di situazioni che sembrano imporre un accumulo di cose, di comodità, di opportunità per cui avere è verbo che surclassa l’essere, a tutto spiano. La sobrietà dovrebbe arginare tutto questo, facendo riscrivere l’alfabeto dei gesti, delle scelte, delle vicende… nella quotidianità. Ove sistemare in cima ai pensieri ed alle attese ciò che vale per davvero, senza finire imprigionati dal luccichio di questa o quella trovata, quasi sempre dispendiosa se non inutile.
Sobrietà è anche una opzione che evita pasticci nel tran tran dei giorni, per essere se stessi e basta, per avere una sola faccia, una sola vita, un solo percorso. Tutto alla luce del sole, senza raddoppiare i propri mondi esistenziali con apparenze o maschere che alla lunga non funzionano, che stressano e deludono. Essere sobri è essere veri, nelle parole, nei sentimenti, nelle relazioni… Essere sobri è anche avere idee chiare su come gira il mondo, su come qualcosa si può cambiare, su come metterci la faccia perché non tutto finisca alla deriva.
Essere sobri è pure essere in grado di distinguere, guardandosi attorno, tutto ciò che sa di squallore nonostante sia rivestito di visibilità. E, sul piano più sociale, la sobrietà si coniuga con tutto ciò che rende un servizio prezioso alle persone, perseguendolo senza eccessivi costi accessori. Cioè la persona che ha bisogno e che ha diritto ad una risposta alle sue esigenze deve finire al primo posto, non arrivare all’ultima stazione, con troppo che si è perso o sfuocato, strada facendo.
Così alla politica come alla burocrazia si può e si deve chiedere una sobrietà che privilegi l’obiettivo per cui si opera nel pubblico: raggiungere al meglio le persone. Ovvio che a questo punto la sobrietà non può che svestire il potere che conosciamo di tutte le sue esagerazioni. Perché il potere non è per se stesso, ma per servire la causa delle comunità a cui è destinato. Già, una verità semplice, sacrosanta, antica che oggi è soprattutto dimenticata. Certo, qualcuno, avverte che sul piano economico la sobrietà (magari nella sua variante di austerità) rischia di affossare i consumi che sono il motore di un sistema in cui produrre, quindi creare lavoro, quindi rigenerare risorse per crescere e non smarrirsi o sprofondare. La sobrietà è contro la crescita del Pil?
Semplicisticamente potrà anche risultare così. Ma se nel Pil ci mettiamo, non solo i conti di mercato, ma anche la qualità di vita, la dignità delle persone, il senso dello stare insieme, il plusvalore delle relazioni… allora la sobrietà aiuta, non penalizza. E magari può, la stessa sobrietà modificare i ritmi e le logiche di un mercato che altrimenti si indurisce e si cannibalizza sempre di più. Insomma, sobrio è meglio.

QUARTAPAGINA - Rubrica di Nuovo Progetto


 

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