Se il domani è già qui

Pubblicato il 06-05-2021

di Renato Bonomo

Mi sentite? «Non ho capito, parlavi a scatti e con la vice metallica». «Luigi dove se? Risulti collegato ma non rispondi?» Dopo 10 minuti e diversi tentativi da parte dei ragazzi di comunicare con il compagno tramite chat: «Scusi prof non riuscivo ad accendere il microfono». Ecco un breve campionario di battute tipiche della Didattica a Distanza. Battute che sono diventate famigliari a tantissimi ragazzi e che hanno spopolato sul web in piccole gag che ci hanno fatto sorridere sui difetti di questa modalità didattica.


La scuola rimane però un argomento che va preso sul serio. In queste righe vorremmo porci due domande per provare a imbastire un ragionamento che permetta di andare oltre quello che è già stato detto su questi temi. La prima domanda è: cosa può fare oggi la scuola, la seconda: cosa potrà fare la scuola domani. Prima di poter abbozzare delle risposte, è necessario fare una premessa: l'attuale pandemia ha dimostrato in modo evidente che il modello della scuola, in particolar modo della scuola secondaria di secondo grado è incompatibile con il Covid. L'elenco degli elementi critici è fin troppo lungo: questione trasporti, classi troppo numerose, locali non sempre adeguati, difficoltà a modificare gli orari, presenza di moltissimediscipline con elevato numero di insegnanti, problematiche relative al consumo del cibo in classe, gestione degli intervalli, rischio assembramenti. Insomma, si parla molto di organizzazione e poco di didattica.

Alla luce di questa considerazione preliminare proviamo a rispondere alle domande. Cosa può fare la scuola oggi? Penso che non valga troppo la pena continuare solo a lamentarsi. Le difficoltà sono numerose, evidenti, sotto gli occhi di tutti. La durata della pandemia ci spinge ad andare oltre, a cercare di tirare fuori il meglio dalla situazione attuale. Se siamo costretti a fare la DAD, cerchiamo di farla bene anche se sappiamo che non è il massimo. La tecnologia rimane sempre uno strumento, dipende da chi la usa e perché. Non è solo una questione di banchi a rotelle, è piuttosto una questione di responsabilità personale. È giusto evidenziare i limiti ma tale critica non deve mettere in secondo piano l'azione didattica. Gli insegnanti sono pur sempre professionisti che possono affrontare questo tempo difficile come un'opportunità per imparare nuove procedure e modalità di relazione didattica. Mi sembra che molti vivano questo tempo come una parentesi: si aspetta che finisca per tornare alla normalità. Ma siamo veramente sicuri che sarà così? Personalmente non trovo sensato pensare solo al tempo in cui i vaccini ci permetteranno di tornare alla "normalità" (questione del tutto aperta e su cui varrebbe la pena discutere). Anche se le cose dovessero tornare alla "normalità", noi non saremo più gli stessi, i ragazzi non saranno più gli stessi. Tanto vale cominciare a riflettere su prospettive nuove.

Proviamo allora a rispondere alla seconda domanda. Forse oggi i ragazzi perdoneranno agli adulti tutte queste difficoltà attuali della scuola se gli adulti cominceranno a pensare in maniera seria alla scuola di domani. L'incompatibilità tra Covid e scuola secondaria di secondo grado può essere un'occasione per ripensare la scuola dalle fondamenta. Qui entriamo in un terreno minato, pieno di difficoltà. Non ho competenze particolari se non una certa esperienza nel mondo della scuola, vorrei però provare a rintracciare alcune coppie di parole chiave su cui cominciare a discutere della rinascita della scuola. Scrivo "coppie" di parole chiave perché le parole singole colgono solo aspetti parziali della realtà e ci impediscono di comprendere la natura complessa e sfaccettata della scuola. Proviamo allora a vederne alcuni, senza alcuna pretesa di completezza.

La scuola di domani dovrà necessariamente formare i ragazzi a prove di competenza sempre più elaborate ma non dovrà mai rinunciare a fornire conoscenze e contenuti. D'altronde, le competenze senza conoscenze sono nulle. Gli insegnanti dovranno sicuramente continuare a formarsi per incrementare la loro professionalità ma saranno chiamati a custodire la passione che ha portato molti di loro a scegliere questo mestiere. Senza passione, le loro tecniche risultano sterili.

Bisogna aiutare i ragazzi a sviluppare un metodo efficace e produttivo, capace di orientarli con sicurezza nel mondo delle nuove tecnologie ma anche stimolarli alla creatività per non inaridire la loro umanità. È giusto che gli studenti studino materie specifiche ma sarà importante anche aiutarli a conservare uno sguardo universale nei confronti della realtà. Va bene formarli alle professioni ma non venga trascurata la bellezza, che sappiano conciliare la teoria con l'esperienza, che vivano quello che studiano e che studino quello che vivono. Discorso analogo per i docenti che devono uscire dai recinti spesso angusti delle loro materie per pensare a macro-discipline in cui più saperi vengano presentati insieme con tempi e spazi ripensati. Dall'esperienza dell'Arsenale della Pace si può prendere il binomio bontà e severità: ovvero autorevolezza, coscienza del proprio ruolo, fermezza nelle regole ma anche capacità di dialogo, ascolto, empatia e tenerezza.

Infine: l'ingrediente fondamentale che però non si può istituire per legge ma che ognuno, a partire dalla propria vita, deve contribuire a generare: la fiducia reciproca tra tutte le componenti della scuola. È quasi banale scriverlo ma è vero: non esiste scuola se una delle componenti viene a mancare. Ultimamente gli studenti, i genitori, i docenti e il personale ausiliario, tecnico e amministrativo hanno guardato più al loro interesse che a quello più generale della scuola. Senza annullare le differenze dei ruoli (che sono necessari), la lotta alla pandemia deve spingere tutti gli attori in campo a dialogare per il bene comune. Al di là di ogni particolarismo, critica, disillusione è possibile intravedere un nuovo orizzonte.


Renato Bonomo
NPFOCUS febbraio 2021

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