QUARESIMA/3: prendersi cura

Pubblicato il 22-09-2011

di bruno


La testimonianza di una presenza in India con i lebbrosi. Un dono d’amore, il linguaggio capace di superare qualsiasi divisione o diversità. E così i miracoli sono possibili…

di Antonio Salafia

 

Sono in India da 35 anni, spesi al servizio dei lebbrosi.
Un giorno andai a trovare Vinobha Bhave, guida spirituale del Mahatma Gandhi. Era già avanti negli anni e si alzava la mattina alle 4 per poi fare un pisolino verso le 10. Io arrivai che erano già le dieci. Un suo discepolo mi disse che il Santone aveva fatto voto di non parlare per un anno. In quel momento il santone appare sulla porta, mi guarda in silenzio e poi mi chiede: “Tu cosa fai qui?”. Lavoro per i lebbrosi, fu la mia risposta. “Ma allora tu sei cristiano?” Per me quello è stato il riconoscimento più grande, e la prova che la mia “missione” era stata inquadrata nel senso giusto.

Lavoro per i lebbrosi per due motivi: una scelta cristiana e poi una sfida medica. Sfida perché, sebbene la grande maggioranza dei lebbrosi si possano curare con poca spesa e senza grande impegno professionale, c’è una fetta di lebbrosi che sono una sfida medica ed umana. Io mi interesso di chirurgia ricostruttiva: alcune deformità dei lebbrosi sono un gran rompicapo anche per chirurghi più bravi di me.
Il messaggio cristiano è stato capito non soltanto da Vinobha, un uomo di Dio, ma anche dai miei ammalati.

Un mio vecchio paziente musulmano,
adesso un amico, un giorno mi ha chiesto: “Perché fai questo? Qui nessuno, a parte voi cristiani, si prende cura dei lebbrosi.” (in realtà questo era vero parecchi anni fa, non adesso). Tanti altri mi hanno fatto la stessa domanda. Il paziente musulmano circa 8 mesi fa venne da me con il piede sinistro malconcio. Mi disse: “Tu sei mio padre, tu 15 anni fa mi hai salvato il piede destro, quando tutti gli altri medici da me consultati mi dissero che bisognava amputare. Ti prego, aiutami”.

Con il mio assistente Dr. Chauhan, ortopedico, esaminammo il piede: due piaghe profonde ai due lati con poco tessuto sano, le ossa interessate, la circolazione povera… insomma un piede da amputare. Glielo dissi con molta franchezza e gli dissi anche che il piede destro era tutta un’altra cosa; era storto ma non vi era infezione, provai a rimetterlo in linea, e, grazie a Dio, riuscii. Ma il piede sinistro era completamente andato. Mi disse che non era pronto per l’amputazione. “Ti prego dammi un’altra possibilità”. “Ebbene – gli dissi - tu sai bene che io credo in Dio e sono al di sopra delle divisioni religiose. So che a Kalyan – ca. 90 Kms da Bombay – c’è un monastero cristiano, dove i frati invitano tutti indistintamente a pregare Dio sopratutto per i casi come te. Vai a Kalyan, prega, perché solo un miracolo può salvare il tuo piede”.

È tornato da me dopo due mesi; il piede, traballante, ma privo di infezione. “Cosa hai fatto?”. “Tu sai che io ti ascolto come se fossi il mio Dio, ho fatto quello che mi hai detto: sono andato a Kalyan”. Non vi nascondo la mia sorpresa. “Adesso cosa pensi di fare?” mi chiese. “Aspettiamo ancora due mesi che l’infezione e la reazione si risolvano completamente e poi proviamo a fare un’artrodesi, cioè fissarlo in posizione fissa ma funzionale”. Dopo due mesi e varie lastre, con il Dr. Chauhan arriviamo alla conclusione: “Proveremo a mettere in linea il piede con dei fili di acciaio e morsetti, ad una condizione, che le ossa siano dure abbastanza da ospitare i fili di acciaio; se invece le ossa sono come il burro, allora non c’è altro da fare che amputare”. “Accetto”, mi disse. In sala operatoria facciamo una accurata pulizia chirurgica e poi proviamo a passare i fili di acciaio (da 4 mm). Con grande sorpresa le ossa sono dure e tengono. Abbiamo tenuto i morsetti per due mesi e dopo un gesso per altri due mesi.

Ieri ho visto l’ammalato: cammina. Se questo non è un miracolo….

Antonio Salafia, chirurgo plastico
da Nuovo Progetto gennaio 2006


Il dr. Salafia nel cuore dell’India ha fondato la “Shishu Prem Samaj” (Shishu = bambino, Prem = amore, Samaj = Associazione), una società caritativa riconosciuta dal governo indiano, con l’intento di aiutare i figli dei lebbrosi (http://www.shishuprems.com/).



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