Quando la musica è commerciale
Pubblicato il 17-12-2012
di Mauro Tabasso - Musica commenrciale = musica scadente ? Mah ! (NP Giugno 2003)
Nei mesi scorsi (l'articolo è di giugno 2003 n.d.r) abbiamo parlato a lungo della squadra di calcio della Juventus, del CD che ha inciso e della musica commerciale in genere. Ora cerchiamo di capire meglio cosa si intende per musica commerciale.
Troppo spesso infatti (almeno in ambito musicale) a questo termine viene associato qualcosa di negativo, di qualità inferiore, ma così non è. Abbiamo fatto tempo fa l'esempio della Nutella, un prodotto confezionato e commercializzato con palesi scopi di lucro (leggasi "commerciali"), eppure baciato da decenni da un successo che ancora non accenna a diminuire; e credo siamo più o meno tutti d'accordo sul fatto che non si tratta di un prodotto di serie B. Certo la Crema Gianduia di Peyrano (celebre qui a Torino) è migliore, ma si tratta di un prodotto artigianale, dal costo assai più elevato; in due parole, meno commerciale.
Questo aggettivo si addice infatti ad un prodotto di largo consumo, che interessa un target molto ampio e di conseguenza ha un costo accessibile. Scusate i continui paragoni con il settore alimentare (che tradiscono una mia certa inclinazione…), ma in musica la situazione non è molto diversa (se uno che vendeva profumi ora vende dischi, significa che ho ragione…).
Oggi i CD regolarmente distribuiti e reperibili presso negozi, store e supermercati hanno diverse fasce di prezzo, non tanto a seconda del target cui si rivolgono, ma soprattutto della categoria cui il prodotto stesso appartiene e degli investimenti fatti per promuoverlo.
Produrre l'ultimo CD di Madonna può costare una cosa come 50.000 Euro; comunicarlo adeguatamente (ovvero acquistare spazi radiotelevisivi e stampati) può costare molte centinaia di migliaia di Euro. E' quindi evidente che il prezzo finale del disco dovrà tenerne conto. E' un po' lo stesso tipo di ragionamento che si fa per i film. Esistono film d'autore e film decisamente più commerciali. E, che ci piaccia o no, sono questi ultimi a muovere i capitali maggiori, e quindi a impegnare i mezzi e le menti spesso migliori (o più pagati). In questo modo i produttori sono più o meno sicuri del risultato finale, o, quantomeno, che, male che vada, verrà fuori un'opera di un certo livello.
Per questo la musica commerciale non è necessariamente brutta o di serie B. Al contrario. Possiamo sicuramente dire che è di serie A, anche se ciò non vuol dire necessariamente bella. E' la musica che va, quella del momento, in certi casi migliore, in certi casi peggiore, ma certamente è quella che va nelle radio e in televisione o su internet, e come tale, è dotata di alcuni standard stilistici, tipici per un prodotto che si rivolge alle masse. E le masse siamo noi, tutti insieme.
Siamo noi che accendiamo il televisore e compriamo la Nutella. Ricordiamoci solo ogni tanto che può esistere qualcosa non di meglio, ma di diverso, anche se va ricercato e pagato, cose che spesso, per comodità o per pigrizia, non siamo disposti a fare.
DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto