Pietà

Pubblicato il 27-03-2024

di Fabio Arduini

Alla base della pietà, quella che si invoca come quella che si dà, ci sono gli occhi. Si può notare partendo dalla geometria. Per esempio, definiamo un segmento come la linea che unisce due estremità; che succede se a quelle estremità, invece di concetti geometrici, ci mettiamo due persone che si guardano a quattr’occhi? Potrebbero accorgersi di essere poste su due altezze diverse, una più in basso e una più in alto. Non è questione di gerarchia, ma di saper guardare: è qui che nasce la pietà. Significa “Guardami”, “Ti guardo”. Infatti la pietà è qualcosa che si chiede, quando ci si sente bisognosi di aiuto, ed è qualcosa che si porta, quando si riconosce che c’è uno che ha bisogno di aiuto. Non è una relazione tra pari, eppure può creare legami forti, o rafforzarli. Solo che nella lingua italiana questa parola ha acquisito anche un altro, rovesciatissimo, significato. Fare pietà è espressione per dire senza appello, è come dare per scontato che la richiesta di aiuto ormai non si sente più. Al contrario altre lingue (come l’inglese e il francese) hanno protetto la pietà, quella che esprime l’umanità degli sguardi, inventando altre parole, molto simili ma ben distinte. Così conservano puro il significato più nobile della pietà senza confonderlo con quello di condanna senza appello.


Fabio Arduini
NP febbraio 2024

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