Avere

Pubblicato il 28-05-2024

di Fabio Arduini

Avere scorrazza per il globo terrestre come una bestia furba e scaltra. Di fatto indisturbato, non si cura di confini né teme il va­riare degli habitat, del regime alimentare e delle culture. Se le parole fossero animali, saremmo al cospetto di una delle specie più adattabili. Il verbo avere si prende tutto, con indole fedele all’etimo­logia: la sua origine infatti risale all’antico indoeuropeo, con il significato di prende­re: non per poi distribuire, bensì per trattenere. Questa specie di parola si rivela particolarmente insidiosa, inoltre, perché praticamen­te è dappertutto, ma allo stesso tempo non si riesce a osservare. È invisibile, come l’atmosfera. E qui il paragone va cambiato. La condizione di possedere cose è quella in cui milioni di persone si ri­trovano, non già appena nati, come per l’aria, ma un po’ alla volta. Fino a che... avere, che cosa? questo, quello, e questo ancora; anzi, avere senza nemmeno bisogno di dettagliare su che cosa: ecco, questa appare una questione di vitale impor­tanza. Ma si tratta di una condizione che divide. Solo con una rivoluzione si passa da prendere per trattenere a scoprire di poter offrire; a lasciare la presa. Difficile pensare la propria vita senza l’avere, e difficile elencare tutte le cose che si hanno. Però è interessante provarci, e trovarsi a guardare con occhi diversi il proprio spazzolino da denti, il mio cane, la famiglia che ho.

Fabio Arduini
NP aprile 2024

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