Non c'è pace senza perdono

Pubblicato il 17-02-2024

di Redazione Sermig

Come posso da cristiano testimoniare e scegliere la pace in una terra che è in guerra?
La sera del 7 ottobre scorso nel piccolo villaggio palestinese, Ain Arik, dove vivo con i miei confratelli e consorelle, a pochi chilometri a nord di Ramallah e a circa 60 km in linea d’aria da Gaza, stavo recitando con la mia comunità la compieta, la preghiera conclusiva dell’ufficio monastico.

Cantavamo il salmo 119 (118), che si chiude con un grido d’aiuto
«Come pecora smarrita vado errando; cerca il tuo servo, perché non dimentico i tuoi comandamenti », quasi cancellato dal rombo dei razzi che Hamas lanciava verso Tel Aviv. Mentre sembrava che la terra esplodesse, ho capito forse per la prima volta la verità dell’immagine della pecora smarrita. Eravamo e siamo tutti noi, indistintamente, smarriti in questa notte di guerra che sembra non finire mai. Perché la guerra è uno smarrimento dell’umanità che non sa più dove rifugiarsi. Bisogna riconoscere alla pace tre dimensioni. Quella storica: gli ebrei hanno diritto a esistere, Israele è uno Stato che nessuno può mettere in discussione, ha vissuto una catastrofe avvenuta non nel Medio Oriente ma nella nostra Europa, quella dei cristiani, della filosofia, della musica classica. Sono un popolo con le sue ferite e con i suoi diritti. Ma anche il popolo palestinese ha diritto a esistere e a determinarsi come Stato, secondo quanto dice il diritto internazionale. Poi c’è la dimensione metastorica, che è l’orientamento alla guerra.
Ricordiamo la figura di Caino, il cui primo atto è un fratricidio.
Specialmente il genere maschile è da migliaia di anni orientato alla guerra: nella mia esperienza di volontario in carcere ho potuto vedere come l’88% degli omicidi siano commessi da uomini. Infine, esiste il mistero dell’iniquità. Gesù nel vangelo di Giovanni lo dice chiaramente: Satana è omicida fin dall’inizio. Sta parlando non di Caino, ma di una potenza spirituale personale che opera come un’energia di odio nella storia. Nel libro della Sapienza è scritto che Dio non ha creato la morte e non vuole la morte dei viventi, ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo. Con questo non voglio demonizzare le parti in guerra.

In questa esplosione di violenza cui assistiamo vediamo una dimensione sovra razionale.
La potenza dell’odio che può infiltrarsi nelle relazioni personali rischia di evolvere nei grandi conflitti. Questo ci invita allora alla preghiera e a quella grande azione anche politica che è il perdono. È vero che non c’è pace senza giustizia, ma una volta fatta giustizia, occorre il perdono reciproco. Come ci ricorda il grande Desmond Tutu, non c’è vera pace senza perdono. E il perdono viene da Dio.
 

Redazione
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