Merce rara

Pubblicato il 10-02-2024

di Stefano Caredda

Uno degli slogan storici più utilizzati nel corso degli anni faceva presente ai giovani che il servizio civile «cambia la vita, la tua e quella degli altri». Un’impressione spesso confermata dalla realtà di tanti ragazzi e ragazze che hanno effettivamente vissuto un’esperienza di vita significativa, con un impatto notevole sulla propria crescita umana e personale. Rispetto alle lontane origini legate al riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare (1972), e quindi a un servizio civile pensato esclusivamente come sostitutivo del periodo di leva, l’evoluzione di questo istituto ha visto nei decenni grandi novità, prime fra tutte (era il 2001) la sua trasformazione in un’opportunità a carattere volontario e la sua apertura anche alle ragazze.

L’esperienza di oltre 50 anni di vita rende chiaro quanto sia potenzialmente preziosa l’opportunità data a una giovane o un giovane (l’età richiesta oggi deve essere compresa fra i 18 e i 28 anni) di impegnarsi in un progetto finalizzato al bene comune, alla pace tra i popoli e le comunità, all’educazione e alla promozione dei valori fondanti della Repubblica, in un’ottica di servizio non armato e non violento.
Una consapevolezza che nel 2017 aveva portato il legislatore a istituire il servizio civile “universale”, che significava renderlo universalmente accessibile: ogni giovane che voglia vivere questa esperienza dovrebbe poterlo fare.

In realtà, questo impegno è rimasto sulla carta perché i finanziamenti sono minori rispetto a quelli che servirebbero per dar seguito a tutti i progetti che gli enti accreditati presentano ogni anno al Dipartimento del servizio civile. Il bando annuale ordinario (l’ultimo è stato aperto da poco con scadenza 15 febbraio 2024) permetterà l’avvio in servizio di 52mila giovani volontari, ma i posti sarebbero potuti essere oltre 80mila, se tutti i progetti meritevoli, selezionati e approvati dal Dipartimento, fossero stati finanziati. Mancano insomma all’appello più di 30mila possibili volontari e sui territori molte azioni concrete non potranno essere realizzate. Il che significa disinnescare un potenziale di generatività sociale notevole, rinunciando a un formidabile volano di inclusione e di coesione sociale.

Pur mantenendo il suo carattere eminentemente volontaristico, è anche vero che il servizio civile può in certi ambiti rappresentare un’utile esperienza di formazione da spendere poi anche in ambito lavorativo: a tal proposito, alcuni mesi fa è entrata in vigore una legge (74/2023) che, come riconoscimento a chi si è dedicato per un anno alla cura del bene pubblico, prevede una riserva di posti pari al 15% nei concorsi pubblici e per le assunzioni di personale non dirigenziale in favore degli operatori volontari che abbiano concluso il servizio civile universale senza demerito. È un modo per avvicinare due momenti, il servizio civile e il lavoro, che pur distinti rappresentano dei passaggi fondamentali, e spesso ravvicinati, nella vita di un giovane fra i 18 e i 28 anni. Ed è un segno, seppur piccolo, di attenzione al mondo giovanile. Merce rara, purtroppo, in questo Paese.
 

Stefano Caredda
NP gennaio 2024

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