Lilian Thuram

Pubblicato il 14-09-2011

di Simone Bernardi


Accade che Lilian Thuram, difensore della Juventus campione d’Italia entri nel cortile dell’Arsenale della Pace…...

a cura di Simone Bernardi

 

Accade che Lilian Thuram, difensore della Juventus campione d’Italia entri nel cortile dell’Arsenale della Pace. Fermato per un autografo? Macché, è lui a fermare te: “Scusa, cos’è questo posto?”. “Se hai un po’ di tempo ti accompagno a fare un giro della casa e intanto ti spiego… qui si incontrano migliaia e migliaia di giovani, che vengono a fare un’esperienza di lavoro, di confronto, di ricerca spirituale…”.
Nuovo Progetto: Quali sono stati i punti di riferimento, le persone o le situazioni che ti hanno fatto crescere?

Thuram: Il lavoro che faccio mi piace molto, però devi sapere che quando ero più giovane volevo fare il prete. La cosa oggi può sembrare strana, ma io vengo dalla Guadalupe e lì la Chiesa è una presenza molto importante, la gente è molto credente. Poi crescendo ho cambiato idea e sono diventato calciatore, padre…
Come hai detto tu, trovare la strada è difficile, perché ognuno ha la sua, ma spesso nessuno ti insegna che devi trovare la tua strada per essere felice. Quando sei ragazzino la tua strada è la strada dell’altro: basta guardare i giovani come vivono, sono tutti vestiti uguali, hanno gli stessi atteggiamenti, non si chiedono che cosa è giusto per loro, loro seguono e basta.

N.P. E tu chi hai seguito? Anche tu sei giovane…

T. Già, giovane! Dico sempre che non sono più giovane, perché il calcio ti dice che a 33 anni sei vecchio, che smetterai tra poco… Io, per la verità, ho avuto la fortuna di incontrare delle persone che mi hanno sempre insegnato delle cose e poi, un’altra mia fortuna, è che mi piace molto imparare.

N.P. Che consiglio daresti ad un giovane?

T. Credo che purtroppo i giovani non capiscono che possono imparare tanto, da tante persone diverse: ognuno cresce imparando dagli altri, ma poi devi capire che la tua strada non è la strada di un altro. Io sono un calciatore, ma devo dire che quando ero ragazzino non avrei mai immaginato che avrei potuto diventare professionista e guadagnare dei soldi per questo. È stato prima un piacere, un divertimento e poi, piano piano, alcune persone mi hanno fatto crescere come calciatore e come uomo e all’età di 17 anni mi hanno detto che ero bravo e sono andato a giocare a Montecarlo.

N.P. Ciò che fai ti realizza?

T. Devo dire di essere stato proprio fortunato, perché è veramente una strada che ho scelto e che mi rende felice. Ma so anche che questo è solo un passo della mia vita: la strada che mi piacerebbe è che tutta questa felicità che ho ricevuto arrivasse ad altre persone. Credo che questa sia la mia strada e spero di non cambiare idea.

N.P. Cosa intendi?

T. Io credo che se passi tutta la tua vita a pensare soltanto a te stesso, non è una buona vita. Penso che sia giusto pensare anche agli altri. E se tu pensi agli altri sei più felice, basta vedere le persone che hanno scelto, non dico di mestiere perché non è un mestiere, di dare agli altri: hanno una luce in faccia che è diversa.
Spero di continuare ad essere di quest’idea perché penso che sia una strada giusta. Per questo le cose che fate, che ho visto qui all’Arsenale della Pace mi piacciono molto!

N.P. A me il calcio piace, ma spesso c’è da rimanere amareggiati per l’accanimento in TV, la violenza fuori e dentro il campo… tu cosa ne pensi?

T. Purtroppo il calcio è diventato una cosa molto complicata, forse perché il giro di soldi fa perdere la testa a tutti e c’è anche un modo di vivere lo sport che è fatto di polemica, di cattiveria. Però bisogna guardare l’insieme, spesso ci sono poche persone che rovinano tutto. Per esempio, il problema della violenza negli stadi: non bisogna dimenticare che su 80 mila persone che vanno a vedere una partita, basta un gruppo per rovinare lo spettacolo. Credo che bisogna continuare ad apprezzare il bel gioco, quello che passa sul campo: 11 contro 11, che si divertono e giocano per vincere.

N.P. Voi vi divertite ancora?

T. Io mi diverto, sicuramente, altrimenti smetterei. Però, come ho già detto, il mondo del calcio è diventato complicato: ti fanno credere che è la cosa più importante del mondo e qui in Italia più che in altri Paesi. Per esempio, uno dice: io sono juventino, l’altro: io sono milanista… fin che siamo in pace va bene, però qualche volta ci sono delle persone che solo per il fatto che l’altro è milanista o juventino non si parlano più, arrivano anche alla violenza e questo diventa una cosa pazzesca!
Questo è il male del calcio oggi, secondo me. Perché alla fine rimane soltanto la polemica, non rimangono più il gioco, le azioni, i goal. E la polemica a che cosa porta? Alla violenza, anche di pensiero, perché quando uno dice: è sempre colpa di questo o di quello oppure quell’arbitro sbaglia sempre non solo non aiuta a capire, ma rende l’ambiente non sereno. Comunque credo che il calcio rimane ancora uno sport bellissimo, ma il contorno, soprattutto la televisione, non aiuta ad educare bene i ragazzi, i tifosi.

N.P. Grazie per le risposte e per il tempo che hai passato qui.

T. Io ringrazio voi.

a cura di Simone Bernardi
da Nuovo Progetto giugno/luglio 2005

 

 

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