Libera... è BELLA

Pubblicato il 15-08-2012

di Mauro Tabasso

Anni ‘70, il boom delle radio libere: creatività e indipendenza oggi scomparse. Anche la musica segue le regole del business. Ci salveranno le web radio?

di Mauro Tabasso - www.labsuono.it

 

D’estate muoio un po’… Anche voi? Sarà il caldo. Sarà che cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso eccola qua, sarà che da sempre è tempo di amori ma anche di addii, di voglia di stare con gli altri ma anche con se stessi, tempo di avventura ma anche di riflessione e di profonda nostalgia. E la nostalgia è il retrogusto dell’amore, quel sentimento, quel ricordo un po’ triste, se volete, che però fa sentire vivi, emozionati, commossi. Nel mio caso anche un po’ seccati, anche se in questo caso si chiama rammarico…

Forse vi è sfuggito un film uscito in questi giorni al cinema, sul quale è stato fatto un gran battage: I love Radio Rock, (foto sotto) che rievoca la storia vera di una motonave che nel ‘66 ospitava una radio (si trattava di una radio pirata) dalla quale una libertina gang di dj trasmetteva 24 ore al giorno rock e rock & roll (contro le due ore settimanali della BBC), notizie e altro in modo decisamente alternativo. Ancorata nel Mare del Nord dirigeva le sue antenne verso il Regno Unito, ma non solo. Il film non mi è parso l’ottava meraviglia del mondo, tuttavia cast (Philip Seymour Hoffman, Nick Frost, Kennet Branagh, ecc.) e colonna sonora (molti classici dell’epoca) rendono simpatica la storia, e la nostalgia per un certo periodo della mia vita non ha tardato a prendermi.

Quando ero ragazzo, infatti, esistevano più radio libere che antenne sui tetti. La radio a transistor era un elettrodomestico presente in tutte le case, proprio come oggi un frigorifero o una lavatrice. Eddài, sto alludendo al secolo scorso, ma non sono così vecchio e non sono passati così tanti anni… Mentre si pranzava, a casa mia si ascoltava LTR - La Tua Radio, che trasmetteva da uno scantinato di un paesino a pochi km dal mio, oppure Radio Centotorri, dal paese che stava nella direzione opposta al primo. In quest’ultima lavorava (senza prendere un soldo, ovviamente) un mio compagno di liceo e spesso ci si ritrovava tra amici per ascoltarlo o registrarlo su un nastro.

Mandava in onda (come tutti i suoi colleghi dj) la musica che gli piaceva, oppure quella che gli chiedevamo noi. Non c’era un palinsesto o una play list da rispettare, e questo faceva di ogni radio un’emittente unica. Viceversa oggi una stazione è tutto fuorché libera, come la gran parte dei mezzi di informazione, tranne internet, che però non è controllato, certificato e in qualche modo garantito da nessuno. Quello che ci trovi lo devi sempre verificare. Ma tornando alle radio, le uniche libere oggi sono proprio quelle che trasmettono online, che si possono aprire con pochi soldi, anche solo con una bella dose di passione, un computer e un buon collegamento internet.

Tutte le altre sono dei network o a loro fanno capo, e sono di proprietà di gruppi editoriali più o meno grossi e/o potenti che vendono spazi, fanno contratti che poi devono rispettare. Cambiate pure stazione… Sentirete sempre più o meno la stessa musica. Vi siete chiesti perché? Far passare un pezzo per più o meno 5-10 passaggi al giorno per un mese di fila costa da un minimo di 40/50.000 euro in su, a seconda delle dimensioni e della diffusione della radio. Per un network di un certo peso siamo intorno agli 80.000, ma è possibile arrivare anche a 130-150 mila per più passaggi e per un periodo più lungo. Per far uscire un pezzo di solito si acquista uno spazio simile su 2/3 network tra quei 5/6 che fanno tendenza. Gli altri poi, tutti gli altri, si adeguano di conseguenza. Beninteso che in alcuni casi network e casa discografica (o distribuzione) di un artista fanno capo al medesimo gruppo editoriale, che magari ha interessi anche nella carta stampata, internet o televisione. Le grosse radio sono libere solo per una percentuale limitatissima della loro playlist. Come il direttore artistico sta lì più per far figura che per altro, così la classifica dell’airplay lascia il tempo che trova, nel senso che chi la compila se la canta e se la suona. Detto ciò, fate un po’ voi… Io sto ultimando il numero di battute a mia disposizione, quindi passo e chiudo.

di Mauro Tabasso - www.labsuono.it
da NP agosto/settembre 2009

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