L'europa della fede

Pubblicato il 05-02-2013

di Claudio Maria Picco

Intervista a Ermis Segatti di Claudio Maria Picco - Credenti di ogni religione e un patrimonio spirituale ricchissimo.
Ermis Segatti: “Per i cristiani, un’occasione per andare in profondità”.

Don Ermis, quale potrebbe essere il futuro dell’Europa dal punto di vista delle religioni?
Una parte di futuro è certamente indicata, ma non definita. L’Europa si trova ad essere oggi più che in altre epoche una terra di penetrazione di nuovi popoli. Si sa che l’Europa è frutto del crogiolo di popoli che nella seconda metà del primo millennio trovarono nel cristianesimo uno degli elementi cementificatori più forti, assieme al progetto politico ereditato dall’impero romano di essere cittadini uguali di fronte allo Stato. Ora siamo dinanzi a un fenomeno che presenta analogie, ma anche grandi differenze, perché arrivano in Europa popolazioni, etnie che hanno in proprio una fortissima identità religiosa e millenarie tradizioni spirituali. Questo vale per l’islam, l’hinduismo, il buddismo, il confucianesimo e non solo. Per la prima volta, dopo tantissimo tempo, ci troviamo di fronte all’incognita della plurispiritualità, della compresenza di visioni a tendenza universalistica.

È possibile trovare punti d’incontro, di convivenza, di dialogo?
L’assimilazione culturale richiede molto tempo e la scarsa conoscenza reciproca può provocare un elevato tasso di incompatibilità. Chi arriva, spesso ha avuto scarsissime occasioni di contatto con l’occidente, conosce l’Europa solo attraverso i media, si porta dietro idee mitiche, poco chiare e tradizioni che non prevedono la convivenza in condizioni di parità. Idem noi verso loro. Per un altro verso poi si trova di fronte al fatto che il cristianesimo qui non è accettato serenamente da tutti. Anzi qui per la prima volta alcune di queste nuove culture migranti fanno per la prima volta esperienza della religione in uno Stato laico e di uno Stato laico areligioso. Per questo, perplessità e reazioni di straniamento si faranno sentire. Da un lato si paventa la dissoluzione della tradizione cristiana in occidente, dall’altro si avverte il bisogno di una sua rinnovata attitudine a ri-amalgamare dal punto di vista spirituale e civile i diversi popoli e le diverse tradizioni.

Vediamo l’aspetto positivo.
È un dato di fatto che le grandi tradizioni spirituali dell’umanità hanno la capacità di riconfrontarsi con la storia concreta, di rivedere abitudini, teologie, di reinterrogarsi a fondo sul valore di sé e dell’altro. E di chiedersi sempre ex novo: “Chi è Dio per gli altri? E per me?”.
Per i cristiani è un’occasione per andare a fondo, per uscire dall’accecamento creato in parte nella nostra Europa dalla ossessione per la questione laica e atea, per riscoprire l’annuncio che sa tirare fuori dal proprio tesoro cose antiche e nuove, come dice la Scrittura. Molti fuori Europa ci rimproverano di aver impiegato la maggior parte delle nostre energie per difenderci dalla negazione di Dio, piuttosto che per chiederci se non stavamo cadendo preda di idolatrie.

Le radici cristiane dell’Europa giocano un ruolo positivo?
Se sono radici soprattutto non devono essere sempre e solo quelle del passato poiché esse furono espressione di vitalità nel loro tempo. Non basta quindi rimandare alla loro bellezza, bisogna ri-affondare nuove radici su come oggi è il mondo; in maggioranza o in minoranza. Al tempo del primo concilio ecumenico, quello di Nicea nel 325 d.C., i cristiani erano dal sette al dieci per cento della popolazione. Quel concilio, che professò il Credo che ancora oggi recitiamo, è un precedente per ogni epoca chiamata a dire la fede di fronte agli interrogativi che emergono lungo la nostra storia sulla scorta appunto della fede che ci precede, ma con attenzione alle urgenze e agli interrogativi che non sono sempre gli stessi .

A questo proposito, il Cortile dei Gentili s’innesta in qualche modo in questo discorso?
È una delle voci, certo. Il Cortile dei Gentili scende in piazza. Bellissima idea, come ha fatto Gesù che è andato per le strade; bellissima idea, come ha fatto Paolo, come hanno fatto gli altri che sono andati per le strade del mondo, quale nuovo tempio. Il Cortile dei Gentili presuppone che chi lo frequenta abbia una propria identità e non si confonda in un pluralismo asettico: ciascuno si tenga la propria fede, la propria tradizione; io la rispetto, non discuto il Dio in cui tu credi. Importante è che ci incontriamo e almeno riusciamo a parlarci. È importante come primo passo e in attesa dell’oltre.
Si dà quasi per scontato che soltanto un rapporto debole tra le fedi sia talora possibile e costruttivo. Il che presuppone ancora un’altra cosa: che l’esperienza storica amarissima del rapporto forte tra le fedi sfoci inesorabilmente nella violenza. Mentre invece un rapporto forte dovrebbe avere questa cartina di tornasole, sotto forma quasi di assioma: più uno ritiene di credere nel Dio vero, più lo professa e lo annuncia, meno potere dovrebbe avere e meno violenza dovrebbe esercitare in suo nome e per il suo nome. Dobbiamo dunque cercare di dirci Dio in faccia senza farci del male.

Le religioni d’Europa sostengono i diritti umani, cominciando da quelli fondamentali?
Sono tutti fondamentali. Non si può dire che uno è più fondamentale degli altri. Ad esempio c’è chi pone nei bisogni elementari il limes più alto: se tu riconosci questi, riconosci tutti gli altri. Non è così. L’assolvere ai bisogni primari va riconosciuto come diritto importante, ma non è che da questi vengono fuori tutti gli altri. Così non è neanche detto che riconoscendo i valori della libertà di opinione, di credere o di non credere venga fuori una capacità di riconoscere i bisogni elementari. Tutti sono diritti fondamentali ed hanno una equidistanza rispetto alla dignità dell’uomo, perché in ciascuno di essi si può giocare la dignità dell’uomo, a seconda delle circostanze, della vita, dei tempi.

Il fondamentalismo è un tema di stretta attualità anche in Europa?
Certamente, il cristianesimo ha pagato un prezzo salato. Ci troviamo in un’occasione storica in cui la fede cristiana non è più e strettamente legata al potere e all’egemonia. Nel passato il fatto di ritenersi religione accettata, giusta, valida, ha fatto sì che non potesse essere rifiutata, e quindi scattava l’obbligo di credere. Analogamente l’affermazione di questi giorni “non si tocca Maometto” - che rivendica in prima battuta il giusto rispetto per la fede dei credenti musulmani – sottintende però nella concretezza di molte società ispirate all’islam che in esse bisogna credere.
Il fatto di poter essere rifiutato ha fatto fare al cristianesimo l’esperienza della libertà che non si vede come non possa caratterizzare proprio la fede. In Europa il diritto di professare la fede presuppone anche il diritto di poterla rifiutare. Chi impone la fede come obbligo assoluto, non potrà appellarsi al diritto là dove la professione della fede come diritto viene negata.

Credenti e non credenti in una Europa sempre meno cristiana.
Non è detto che sia sempre meno cristiana. La declinazione in declino del cristianesimo europeo è una cosa tutta da vedere. Anzi affiorano nuove tracce di disponibilità verso la fede di coloro che, magari, pur dichiarandosi non credenti ne avvertono il valore o ne sentono la mancanza. E poi ci sono i ritornanti, anche oltre i percorsi tradizionali della comunicazione della fede. La cifra definitiva della fede non è nelle percentuali e nel consenso. Potremmo anche essere alle soglie di un periodo in cui lo smarrimento nell’Europa attuale potrebbe aprire nuovi canali della fede cristiana tutt’altro che incomparabili con quelli del passato. Proprio riscoprendone la portata in condizioni in cui si rischia o si è rischiato di smarrirla o in cui si ritenne di farne a meno. Questo ritorno per disperazione richiama abbastanza da vicino le carrube del figliol prodigo.

Che cosa si può augurare all’Europa per il prossimo futuro?
Semplicemente che il patrimonio spirituale e anche specificamente cristiano accumulato nella costruzione dell’Europa riusciamo a trasmetterlo con fedeltà creativa, che impariamo a misurarci con identità diverse per creare una cartina dei diritti più vasta e più rispettosa del mondo senza confini e senza aggettivi, che testimoniamo Dio senza tracotanza, quanto più e soprattutto perché riteniamo che la nostra fede in lui sia quella vera.  


Speciale – L'EUROPA CONVIENE 3 / 6

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