Un mondo di pace

Pubblicato il 08-02-2017

di Claudio Maria Picco

di Claudio Maria Picco - Dialogo con Cécile Kyenge, parlamentare europea, già ministra dell’integrazione nel governo Letta, in visita all’Arsenale della Pace.

Nel libro Ho sognato una strada, lei racconta la sua esperienza di vita. In Europa, quali strade si aprono per le nuove generazioni?

Questo libro l’ho dedicato ai giovani, è come un’eredità che voglio lasciare a loro: quella di cominciare a far crescere i nostri figli con l’amore. Cominciare a far leggi di buona convivenza dove ognuno si senta amato e accolto dentro la propria comunità conoscendo anche il luogo in cui vive. Oggi noi stiamo perdendo molti giovani perché non riusciamo a far vedere la vera strada, li perdiamo perché li stiamo escludendo, a volte magari soltanto per disattenzione. Quei giovani quando si sentono persi aderiscono ad una causa che non sempre è una buona causa. Allora serve altro, serve cominciare a dare a quei giovani la strada, gli elementi, gli strumenti per cominciare a diventare protagonisti del futuro, del domani. Ho sognato una strada è questo, un mondo dove si può vivere in pace, in una convivenza possibile.

È possibile una migliore cooperazione tra Europa e Sud del mondo?

Sì, è possibile, ma dobbiamo cambiare il nostro approccio reciproco. Bisogna uscire da questo approccio eurocentrico per cominciare a vedere anche il resto del mondo e non imporre la nostra visione delle cose, ma cercare di far emergere dagli altri il positivo accompagnandoli nelle difficoltà. È chiaro che l’Europa, forte di un’esperienza di 70 anni di pace, non può lasciarla chiusa in un cassetto, ma la deve mettere a disposizione di altri che quest’esperienza non l’hanno. Come un tesoro, la deve mettere a disposizione degli altri Paesi per aiutarli ad arrivare ad un rafforzamento della loro democrazia. Andare a parlare con gli altri Paesi vuol dire cambiare il modo di collaborare con loro, mettere l’etica al centro, cominciare a parlare di solidarietà, cominciare a parlare anche dei valori universali che uniscono. Oggi serve più stabilità, serve più amore verso il prossimo, a mio avviso anche per le nostre terre. Oggi serve cominciare a dire: il prossimo è come me, il prossimo deve essere trattato come vorremmo essere trattati noi.

In una società che invecchia, che costruisce muri, che accumula, gli adulti sono ancora capaci di ascoltare i giovani?

Oggi il mondo è un po’ distratto, soprattutto il mondo degli adulti. Siamo distratti da altre cose come le campagne elettorali, quella di poter vincere facile, quella di poter imporre attraverso la strumentalizzazione tantissimi altri temi. Oggi dobbiamo sederci, essere all’ascolto di quello che vediamo, di cosa succede per trasformarlo e farlo diventare sistema. In questo momento io sono impegnata con molti Paesi in Africa dove svolgo da diversi anni missioni d’osservazione elettorali. E faccio sempre un passo in dietro. Quando arrivo in un Paese, per prima cosa so che non sono lì per imporre la democrazia, sono lì per ascoltare il popolo. Se ci sarà una vittoria, sarà la vittoria di quel popolo che io devo ascoltare. Andare ovunque: questo devono fare le Istituzioni. Io credo che le trasformazioni degli ultimi tempi ci stanno insegnando qualche cosa, ma il mondo è talmente distratto che non riesce a vederlo.

È partito da Brexit per arrivare a Trump, ma se andiamo a vedere cosa è successo in alcuni Stati africani, scopriamo che ad esempio in Gambia un dittatore che da 22 anni era al potere, improvvisamente lo perde: é successo che il popolo si è alzato e ha preso il proprio destino in mano. Questo vuol dire che la gente ci sta parlando e ci costringe a vedere, ci costringe ad ascoltare laddove molte volte pensiamo di avere tutto noi in mano. Servono nuovi leader, servono nuove persone capaci di fare la differenza. Non sarà facile, ma bisogna che lo facciamo prima ancora che vinca la paura... O che vincano altri tipi di paure che rischiano di portarci a catastrofi che diventa difficile poi scongiurare o avviare a soluzione. È oggi che bisogna lavorare, ascoltare, accompagnare i giovani.

Claudio maria Picco

Foto: G. De Franceschi / NP

 

 

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