LA STORIA INSEGNA

Pubblicato il 31-08-2009

di Renato Bonomo

“Per affrontare il deterioramento delle condizioni economiche, servono politiche di ampio raggio, basate su una più stretta cooperazione economica” hanno dichiarato nel comunicato finale i G20 radunati a Washington il 15 novembre scorso. Che dalle difficoltà di questi mesi possano nascere risposte nuove ad annosi problemi? Non sarebbe la prima volta, come ci insegna la storia del movimento operaio.

di Renato Bonomo

Una della più belle definizioni della storia è scienza dell’uomo nel tempo. Ma con quale tempo lavora lo storico? La natura stessa della storia mostra come, accanto al tempo della vita del singolo uomo, vi sia un tempo diverso, più dilatato, che si misura in secoli e che è proprio delle strutture economiche, delle società umane, delle grandi idee. Braudel, un grande storico francese, ha definito questo tempo lunga durata. La lunga durata non può essere percepita dal singolo individuo, si può stabilire solo in sede di analisi storica, proprio come la rotazione terrestre che, pur essendo reale, sfugge ai nostri sensi. Lo storico si trova a dover ragionare cercando un accordo - spesso difficile - tra i tempi dell’individuo e la lunga durata. Il medesimo evento, dunque, può assumere caratteristiche diverse a seconda dell’ottica con cui lo si osserva.
Pensiamo ora di valutare la crisi odierna secondo quanto scritto: agli occhi del singolo risparmiatore è una crisi senza precedenti, che genera timori e paure enormi; per lo storico è un momento di particolare difficoltà - come molti del passato - del capitalismo finanziario, che molto probabilmente aprirà le porte ad una nuova ristrutturazione dell’economia e della politica. Certo, la prospettiva storica genera meno ansia, anche se risulta più criticabile dal punto di vista del risparmiatore, soprattutto se quel risparmiatore sono io! Ma non per questo dobbiamo abbandonare la storia: non sappiamo se la storia sia realmente maestra di vita, è comunque vero che ci può aiutare ad affrontare con maggiore consapevolezza i problemi del presente. Rivoluzione industriale: lavoro minorile agli inizi del XIX secolo
In primo luogo, la coscienza che il tempo è più ampio della mia sola esistenza mi aiuta a comprendere la necessità di una visione politica, sociale ed economica di più ampio respiro (“non esisto solo io, non esiste solo la mia realtà, esiste un futuro non solo per me”). In secondo luogo, guardando al passato si possono trovare stimoli e riflessioni utili per vivere le sfide odierne. Particolarmente interessante da questo punto di vista è la storia del movimento operaio. Nel secondo Settecento, con l’avvento della moderna industria, non si è verificata solo una rivoluzione in campo economico ma anche un vero e proprio capovolgimento della vita materiale e spirituale dell’uomo. Niente fu come prima: cambiarono completamente i rapporti sociali, gli stili di vita, l’universo mentale, persino la dieta e l’abbigliamento.
Rivoluzione industriale: Londra illustrata da Doré. Nel 1868 l'artista francese Gustave Doré si recò a Londra, per studiare gli effetti della rivoluzione industriale Tra le tante conseguenze della rivoluzione industriale, occorre ricordare la questione sociale. Con questione sociale gli storici intesero tutto ciò che riguardava il mondo operaio: anzitutto la figura stessa del proletario, quindi le condizioni di vita dentro e fuori la fabbrica, l’organizzazione degli operai in sindacati e in movimenti e le loro lotte. Non è nostra volontà analizzare tutta la questione sociale ma osservarne solo alcuni tratti.
Come scritto, con la rivoluzione industriale nasce la figura dell’operaio di fabbrica. Pensiamo proprio a questi primi operai. Prima di diventare lavoratori dell’industria, gli uomini e le donne erano contadini costretti a lasciare le campagne per mancanza di lavoro. Si trasferivano così in un ambiente che non conoscevano - la città - per svolgere un lavoro che non avevano mai svolto prima. Questo lavoro, poi, era completamente diverso da quello rurale: si svolgeva sempre la stessa mansione ripetitiva per 12 ore con turni fissi, nello stesso luogo in estate e in inverno, con il sole o la pioggia. Non vi era tempo per nessun altro genere di attività. Nei campi invece i lavori e gli orari seguivano il ritmo delle stagioni, si stava all’aperto, vi era distinzione tra mansioni femminili e maschili.
Non è difficile immagine la difficoltà enorme dei primi operai nell’adeguarsi a questi cambiamenti così repentini e radicali; neanche la vecchia saggezza contadina poteva soccorrerli, dato che gli anziani non avevano mai vissuto un’esperienza simile. Molti tra questi uomini e donne non seppero affrontare la trasformazione se non cadendo nella dipendenza dall’alcol. Molti storici hanno cominciato a studiare il fenomeno dell’alcolismo tra gli operai proprio in relazione a questa incapacità di adeguarsi alla tremenda realtà che li stava coinvolgendo. Ma non ci fu solo l’alcolismo. Nel corso dell’Ottocento, il mondo operaio cominciò a reagire: prima di tutto andando verso una maggiore solidarietà tra i suoi membri, in secondo luogo iniziando una lotta per il riconoscimento dei propri diritti Rivoluzione industriale: impianto industriale negli Usa. Con l'avvento della rivoluzione industriale negli Stati Uniti, sorsero le prime fabbriche tessili.
È particolarmente interessante il primo punto. Per affrontare le difficoltà quotidiane, come gli infortuni che non davano diritto ad indennizzi o come la volontà di garantirsi dignitose sepolture, gli operai cominciarono a unirsi tra loro per riuscire a rispondere a quelle esigenze che il mondo borghese non voleva riconoscere loro. Nella maggior parte dei casi non crearono nulla di originale, ma ripresero forme di antica solidarietà adeguandole ai tempi nuovi. Con molta fatica ma anche con grande partecipazione nacquero le società di mutuo soccorso, che aiutavano gli aderenti e le loro famiglie in caso di infortunio, invalidità o morte sul lavoro; si svilupparono le cooperative per agevolare l’acquisto di prodotti a prezzi ribassati; si organizzarono i sindacati e le camere del lavoro per le rivendicazioni sociali ed economiche. La storia del movimento operaio insegna che i tempi nuovi possono essere affrontati con una buona capacità di adattamento e intelligenza, dando significati nuovi a realtà già esistenti. Ma soprattutto insegna che la novità può nascondere anche importantissime opportunità.
Rivoluzione industriale: operai in pausa su un grattacielo Il caso dell’istruzione obbligatoria è illuminante. Nel corso dell’Ottocento furono i governi borghesi a introdurre grandi riforme per rendere l’istruzione primaria obbligatoria. L’intento non era solo filantropico ma rispondeva ad un’esigenza concreta dell’economia: in una società capitalistica e industriale era necessario che i lavoratori avessero un minimo di istruzione per poter far funzionare correttamente le macchine o per svolgere al meglio le loro mansioni in vista di un miglioramento della produzione. Queste misure ebbero però come conseguenza non voluta di aiutare gli operai a formarsi una cultura, che li elevò fino a farli diventare consapevoli del proprio ruolo economico, sociale e attivi protagonisti della scena politica (pensiamo per esempio ai circoli operai dove si svolgevano sessioni di lettura pubblica). Da misura per aumentare semplicemente la capacità di produzione, l’istruzione si risolse così in un’occasione straordinaria di promozione umana.

di Renato Bonomo
da Nuovo Progetto dicembre2008

Vedi anche:
Salvare il mercato da se stesso
23 ottobre 2008: La borsa o la vita

 

 

 

 

 

 

 

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