La legge del mare

Pubblicato il 04-11-2023

di Edoardo Greppi

Un film particolare ha aperto a Venezia l’80a Mostra del Cinema. Racconta una storia semplice e grandiosa allo stesso tempo, di una linearità che non si presta a strumentalizzazioni o a letture contorte.

Comandante racconta la pagina scritta con la vita dal capitano di corvetta della Regia Marina Salvatore Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino. Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi l’hanno scoperta e portata a conoscenza del grande pubblico. Fino ad ora era conosciuta e tramandata soltanto nell’ambiente della Marina Militare. Ma nel 2018, nel pieno del rovente confronto politico sugli sbarchi dei “migranti”, l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, citando la vicenda di Todaro, avvertiva il governo: «C’è un principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare».

Ecco il fatto, avvenuto nella Seconda guerra mondiale, in Atlantico, nell’ottobre 1940. Il sommergibile Cappellini, comandato dal giovane ufficiale siciliano Todaro, affonda la nave mercantile belga Kabalo, requisita dalla marina britannica e, quindi, obiettivo militare legittimo. I 26 marinai del piroscafo affondato sono in balia delle onde dell’oceano. Dopo alcuni tentativi di rimorchiare la scialuppa e portarla verso un possibile approdo, il 32enne comandante Todaro prende una decisione difficile e dagli evidenti effetti pericolosi: prende a bordo i naufraghi. Iniziano così due giorni difficili, negli angusti spazi che offre un sommergibile, appena in grado di ospitare l’equipaggio. Con la sua scelta, Todaro mette a rischio i suoi uomini e lo stesso sommergibile, costretto a navigare in emersione in condizioni di grande vulnerabilità.

Un momento drammatico è l’incontro con un convoglio di navi inglesi. Con un messaggio radio in chiaro, Todaro spiega la situazione e chiede di proseguire la navigazione per portare in salvo i naufraghi. Il commodoro inglese gli crede, e ordina di cessare il fuoco. In un clima di preoccupazione e con drammatici momenti di tensione, Todaro, dopo una navigazione di 400 miglia, riesce a sbarcare i naufraghi alle isole Azzorre, portoghesi e, quindi, territorio di un Paese neutrale.

Asciutte sono le sue annotazioni sul giornale di bordo, come se si fosse trattato di “ordinaria amministrazione” e non di un atto davvero straordinario. Il fatto, però, non è destinato a rimanere chiuso su quelle pagine ufficiali. Un’anonima signora portoghese scrive (in francese) una lettera alla Legazione d’Italia a Lisbona: «Fortunata la Nazione che ha figli come questo. C'è un eroismo barbaro, ma ce n’è un altro davanti al quale l’anima si mette in ginocchio: il vostro. Siate benedetto per la vostra bontà, che fa di voi un eroe non soltanto dell’Italia ma dell’umanità».
Una seconda conseguenza per Todaro è la convocazione “a rapporto” da parte dell’ammiraglio Karl Doenitz, comandante della flotta tedesca nell’oceano Atlantico. L’ammiraglio contesta al giovane ufficiale italiano la violazione della precisa disposizione, impartita dal comando tedesco, di lasciare i naufraghi in mare per non compromettere gli obiettivi di una missione, e per non mettere a rischio la nave e a repentaglio la vita dell’equipaggio. L’ordine n. 154 del dicembre 1939 aveva dato origine alla guerra sottomarina indiscriminata, che comprendeva il divieto di soccorrere i naufraghi.
La reprimenda dell’ammiraglio è dura, accompagnata dalla derisione, quando intima a Todaro di smetterla di fare «il Don Chisciotte del mare», ricordandogli che mai un ufficiale tedesco avrebbe tenuto un comportamento del genere.

In Marina si tramanda la risposta del giovane comandante: «Noi marinai italiani, invece, queste cose le facciamo perché abbiamo duemila anni di civiltà alle spalle».
Si trattava evidentemente di una risposta insolente, ma allo stesso tempo della grande lezione di un subordinato coraggioso al suo più alto superiore. Secondo alcune ricostruzioni, in una conversazione privata, Doenitz disse poi a Todaro: «Sono sempre in disaccordo con voi, ma vorrei tanto poter dare degli ordini perché tutti fossero in grado di comportarsi come voi».

Al momento dello sbarco, il comandante del Kabalo chiese a Todaro il suo nome, per poter dire ai suoi figli chi aveva salvato la vita del padre. «Dite loro di pregare per Salvatore Bruno», fu la semplice risposta.

Nel novembre 1942, al comando del motopeschereccio Cefalo davanti alle coste tunisine, Todaro viene ucciso dai colpi della mitragliatrice di uno Spitfire.
Decorato di medaglia d’oro al valor militare alla memoria, è sepolto a Livorno, dove per molti anni dopo la guerra i marinai belgi superstiti del Kabalo sono andati a pregare sulla sua tomba.

Il film Comandante riporta alla luce quell’episodio di oltre 80 anni fa in un momento storico nel quale assistiamo sgomenti a migliaia di morti in mare, e periodicamente ascoltiamo prese di posizione politiche che mettono in discussione gli obblighi che gravano sugli Stati per quanto attiene ai soccorsi ai naufraghi.
Numerosi trattati internazionali – in primis la convenzione di Amburgo “Ricerca e Soccorso” del 1979 – sono chiare e univoche al riguardo. Le circostanze sono ovviamente differenti, ma i marinai continuano a ricordare a coloro i quali hanno responsabilità decisionali che la “legge del mare” è chiara e forte, e trae ispirazione da quegli stessi valori che hanno portato Salvatore Todaro a compiere un atto di eroismo «davanti al quale l’anima si mette in ginocchio».
 

Edoardo Greppi
NP ottobre 2023

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