La forza delle immagini

Pubblicato il 03-02-2023

di Gian Mario Ricciardi

José Saramago scrive: «Noi siamo la memoria». Umberto Eco ci ricorda che il grado di civiltà di una comunità si coglie dalla sua capacità di fare memoria. Forse però in molti l’abbiamo dimenticato. Le prove stanno nelle immagini che, anche in questo autunno strano, attraversano le nostre giornate e ci danno forza, fissano tragedie, passaggi di storia e di vita: pandemia, guerra, crisi.

Nel primo scatto si vedono i camion militari che con la lentezza della morte partono da Bergamo carichi di umanità strappata dall’improvvisa malattia.
Sono attimi raccolti in un mondo spaventato, disorientato, impaurito.
Richiamano, forse, i carri dei monatti che Alessandro Manzoni fissa nei giorni della peste del 1628 ne I promessi sposi.
Ma, in realtà, raccontano molto di più: dicono di un mondo super-progredito sconfitto dal male, un male improvviso e sconosciuto, frutto anche di una globalizzazione esagerata e senza regole.

Ecco, tre anni dopo, quei camion sono ancora nella nostra memoria? Come i medici e gli infermieri che sono morti per salvarci? E anche quei disperati appelli di chi stava per essere strappato alla vita? Tutto o almeno in parte è stato dimenticato: i medici e gli infermieri prima eroi sono stati spesso denunciati, i pronto soccorso non hanno personale, buona parte di noi ha cancellato con un colpo di spugna quasi tutto. «La pandemia non è finita – dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella –. Occorre senso di responsabilità». Forse qualche volta dovremmo ricordarcelo.

Nel secondo scatto c’è un invasore, Vladimir Putin, che cerca di prendere una terra non sua provocando una reazione che ha prodotto finora morti, distruzione, scene apocalittiche. Sono immagini che entrano nelle case di tutti dal febbraio 2022. Nel frattempo in tanti hanno cercato di fermarle, di trasformarle in scene di pace e rinascita, ma nessuno fino a ora ci è riuscito. In Ucraina alla guerra che prosegue incredibilmente crudele ora s’aggiunge l’inverno, arrivano freddo e gelo e milioni di persone soffriranno e altre moriranno.

Dimenticare non è umano. Allora ecco il fotofinish della crisi di Cuba con il mondo sull’orlo della guerra, Giovanni XXIII al telefono, sessant’anni fa al tempo del Concilio Vaticano II e, finalmente la pace.
Per finire le fotografie della crisi di oggi con l’energia a peso d’oro, le materie prime alle stelle, i falò in strada per bruciare le bollette, la gente licenziata, le serrande abbassate, la paura del futuro.
Dall’altra le istantanee della miseria del secondo dopoguerra, de La malora di Beppe Fenoglio, della fame, i cappotti rivoltati, le maglie fatte a mano, le camicie con i colletti lisi e all’insù.
Anche allora ne siamo, sia pure lentamente, venuti fuori e siamo qui.

Sì, sono le immagini filtrate tra milioni dalla nostra memoria che però ci aiutano a vivere in giorni nei quali, invece, è così difficile e duro. Raccontano della speranza che non si spegne e non si spegnerà.
Insieme possiamo provarci. Il sorriso, come ripete papa Francesco, aiuta: nella pandemia, nella guerra, nella crisi.
 

Gian Mario Ricciardi
NP novembre 2022

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