La “foresta” della giungla urbana

Pubblicato il 19-12-2016

di Simone Bernardi

Di Nina Ratti e Simone Bernardi - E adesso ci colleghiamo oltre oceano. Scendiamo in America del Sud, precisamente nella quarta città più popolosa del mondo: San Paolo del Brasile con i suoi 21 milioni di abitanti e chissà quanti grattacieli. Il paese verde-oro da un paio d’anni è sprofondato in una grave crisi economia nonché politica. Ci sono 12 milioni di disoccupati, ma ci sono anche quelli che... “Oggi ho imparato a fare il volontario insieme ad altre persone. Ri-cevere un abbraccio da quei bambini, vedere il sorriso dei loro sguardi... Ho sentito che la nostra presenza ha fatto loro un gran bene!”. Sono parole di Fernando, una persona socialmente vulnerabile, spesso etichettata come morador de rua cioè, abitante della strada, uno dei circa 16 mila senza fissa dimora della capitale paulista.

Le sue parole, da protagonista, arrivano al termine di una giornata particolare: lo scorso 4 ottobre, due gruppi molto diversi si sono incontrati per partecipare ad una delle azioni settimanali di volontariato che rientrano nell’ambito della Foresta che Cresce, iniziativa ormai storica dell’Arsenale della Speranza.

L’obiettivo della giornata è aiutare una scuola chiamata 4E, che si dedica a persone affette da sindrome di Down. La struttura ha pochi mezzi e, soprattutto, scarsa disponibilità di personale che possa svolgere lavori manuali, come sistemare le aree feste dedicate alla beneficenza, dipingere pareti...

Con questo proposito é nato un insolito ma proficuo connubio che ha visto lavorare insieme un gruppo formato da Fernando e da altri 20 uomini provenienti da una situazione come la sua e gli alunni di uno dei più prestigiosi licei privati della città di San Paolo.

Per provare a cogliere l’eccezionalità di questo piccolo evento dobbiamo considerare che l’abuso di droghe, il giro della malavita e soprattutto l’avidità, l’indifferenza e la paura di una società urbana che pretende di vivere felice chiudendosi nei grattaceli fortezza, raramente concedono a persone come Fernando, e a chi come lui ha sbagliato o è rimasto indietro, una possibilità di recupero.

L’Arsenale della Speranza cerca di farlo offrendo ai suoi 1.200 ospiti un letto, da mangiare e una scuola nella massima dignità, ma non solo... Iniziative esterne come la Foresta che Cresce danno loro un’opportunità spesso unica di fare del bene, di riconciliarsi un po’ con la vita e la società e di assimilare quei valori e quegli atteggiamenti positivi che un familiare o un qualsiasi datore di lavoro può captare all’istante.

“Le persone ci osservano passare – racconta Marco Vitale, uno dei missionari del Sermig in Brasile – … ogni mercoledì, per esempio, con una trentina di ospiti puliamo le strade del quartiere, tre o quattro sventolano le bandiere della pace e altri distribuiscono un volantino su cui c’è scritto: Siamo amici dell’Arsenale della Speranza col desiderio di cambiare il mondo. Stiamo facendo il bene che ci è possibile, aiutando altre case di accoglienze, raccogliendo alimenti, visitando i malati... Se vuoi, puoi aiutarci e partecipare anche tu”.

“Tutto questo per noi è un modo di dialogare col quartiere, con la città – continua Marco Vitale – …passiamo un messaggio di bontà e di gratuità anche a chi ci guarda con sospetto, ma con l’aria di chi comunque non ha mai visto nulla del genere. Con quelli che si fermano un attimo, scambiamo due parole: se fosse anche solo per un istante, sarà comunque il ricordo di un fatto positivo... Poi, grazie a fotografi volontari che ci seguono nelle azioni, pubblichiamo le foto nella nostra pagina facebook: l’immagine di quello spiazzo che prima era pieno di erbacce è che ora è un giardino può aprire un canale di dialogo anche mediatico, diventa una sorta di diario online spendibile in ogni momento, per presentare l’Arsenale della Speranza, ma soprattutto per far vedere che il bene è possibile, e va fatto, non solo per aiutare di tanto in tanto qualcuno che è in una situazione vulnerabile, ma anche perché, paradossalmente, proprio chi è in una situazione vulnerabile sta facendo qualcosa che chi avrebbe più possibilità, non sta facendo! Chi ha orecchie per intendere...”.

È a questo punto che entrano in scena i giovani: questi fatti, e le foto che li ritraggono, hanno suscitato l’interesse di direttori e professori di varie scuole, anche di livello universitario, alla ricerca di una causa sociale, di una missione, di un impegno extra-scolare per i loro allievi, per lo più appartenenti a famiglie benestanti, belli, forti, sempre alla moda, ma con poche energie per indignarsi, per amare, per cambiare questo mondo, semplicemente disarmati da Netflix e da ogni tipo di confort…Lo scorso 4 ottobre, per la maggior parte degli alunni che hanno accettato di partecipare all’azione nella scuola 4E, forse era la prima volta che percorrevano a piedi un tratto di città, nell’atmosfera esterna di un quartiere di periferia, mescolati insieme ad altra gente, dato che la loro normalità è salire e scendere da un SUV in uno spazio appositamente destinato all’ingresso e all’uscita degli alunni nella strada interna e coperta dell’istituto.

Eppure, per alcune ore entrambi i gruppi hanno lasciato cadere ruoli, etichette, problemi, discorsi retorici per collaborare semplicemente attraverso l’azione, l’unità, la comunione rispettosa delle individualità. Le mura ed i confini della scuola, della casa di accoglienza, della chiesa, dell’istituzione, dell’azienda, della strada non servivano più. Si è creato all’improvviso uno spazio nuovo, possibile, l’altrove, collettivo e perenne. Le due realtà, lavorando a sostegno di una terza, hanno superato il linguaggio delle diversità, i gerghi specifici, il ceto sociale, i vestiti semplici o di marca, le storie di vita completamente diverse.

Marco Vitale, al termine dell’azione aggiunge: “Per noi l’Arsenale e tutte le sue iniziative, come la Foresta che Cresce, sono il tentativo costante di creare questo spazio di incontro e di dialogo. A partire dai fatti, dalla necessità di qualcuno o della società stessa per provare a capire e far capire che per risolvere i problemi personali e sociali c’è bisogno di tutti e, soprattutto, di lavorare insieme”.

In un Paese come il Brasile, dalle mescolanze culturali variopinte, politicamente contraddittorio, economicamente emergente, ma socialmente fitto di disuguaglianze e carenze, vi sono ancora certe foreste. Oltre all’Amazzonia, una Foresta di gente che prova, silenziosamente, a dare ossigeno contro ogni sorta di corruzione ed è ancora capace di rimboccarsi le maniche per rina-scere, crescere insieme, trasformare la città, produrre significati e donare delicati fiori e gustosissimi frutti.



Foto: Fabio José Pereira Lima

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